Libero, 27 febbraio 2018
Rock, droga e rughe esibite. Gli Stones le suonano all’età
Ora, senza arrivare a far notare come ha fatto provocatoriamente Oliviero Toscani come basti affiancare le immagini dei coetanei 75enni Mick Jagger e Mario Monti per concludere che sesso, droga e rock’n’roll fanno invecchiare meglio di una vita in banca, ecco, la notizia è che anche quest’anno i Rolling Stones si esibiranno in una tournée mondiale. I componenti del mitico gruppo che da quando è nato, in Inghilterra ben oltre mezzo secolo fa (mezzo secolo!), ha rivoluzionato assieme ai Beatles la musica popolare moderna non si sono ancora stancati di saltellare e sculettare sui palchi: prima tranche di concerti in Europa dal prossimo 17 maggio (Dublino) fino all’8 luglio (Varsavia). Questa è l’informazione come dire di servizio. E però, soprattutto, l’annuncio ha stimolato il consueto dibattito: ma perché non smettono? Non si sentono ridicoli a gridare “I can’t get no satisfaction” “Io non riesco a essere soddisfatto” con le rughe a solcarne i visi irrimediabilmente segnati? E più in generale: per quale motivo certi vecchi pare non riescano ad arrendersi all’inesorabile trascorrere del tempo?
Confessiamocelo: anche chi scrive, da appassionato di musica rock (anche se non dei Rolling), fino a qualche tempo fa trovava quasi patetivitabilmente appesantiti e ascoltare gli urletti irrochiti di personaggi passati alla storia del costume, oltre che per le canzoni divenute inni generazionali, anche per una filosofia di vita votata all’eccesso. Senza contare che l’ostentato giovanilismo degli “anziani a loro insaputa” pare ormai diventato una fastidiosa cifra distintiva di quest’epoca, che condanna l’età che avanza e il decadimento fisico quasi fossero una colpa.
Poi uno ci riflette meglio. E certo, anche per via del fatto che gli anni passano pure per chi da ragazzo ridacchiava delle rughe altrui, la prospettiva cambia. E ci si chiede: ma perché? Perché, una volta superata una certa età, ci si deve arrendere alla sedia a dondolo, adattandosi al tranquillizzante cliché modernista del vecchietto rincoglionito a cui si dà la parola soltanto quando si brinda col rosso? Il tour dei Rolling s’intitola “No filter”, che significa “senza filtro”. Ecco, allora è questo il fondamentale punto discriminante: mostrarsi per quel che si è, magari senza negare umane nostalgie ma nemmeno vergognandosi di non esser più un giovane virgulto. Senza contare che a vedere gli Stones accorrono ancora centinaia di migliaia di appassionati a botta. Si vede che, per dirla eufemisticamente, qualche emozione ancora la stimolano. La gente li vuole veder suonare, loro ben contenti lo fanno e si divertono, persino.
Ma poi, vergognarsi de che? Perché poi si rischia di inciampare nell’altro luogo comune, quello secondo cui i giovani devono sempre e comunque accoppare i vecchi per trovare il loro posto nel mondo. E chi l’ha detto? In effetti, pure quest’impulso ben rispecchia l’attitudine che troppi ragazzotti “divanati” dimostrano senza imbarazzi, in base alla quale tutto è loro dovuto, e affanculo i vegliardi. Anche comprensibile, intendiamoci, però mica vero: vuoi il palco tutto per te? Scrivi brani migliori dei Rolling, poi si vede.
E qui ci si ferma. Mai vorremmo dar l’impressione di un’intemerata oltremodo interessata, vista la cinquantina ormai passata. Restiamo col sogno, destinato a restare tale, di una serata da passare assieme a Mick Jagger e Keith Richard più che a Mario Monti, anche se temiamo ne pagheremmo lo scotto in clinica. In effetti, dài, la vecchiaia non è neanche così male, considerando le alternative.