Libero, 27 febbraio 2018
Fecondazione eterologa: il seme è quasi tutto estero
In un’epoca come questa, dove l’onda populista contro l’immigrazione è cavalcata dalla maggioranza dei nostri esponenti politici, ed alcuni slogan si sono ormai consolidati nel lessico nazionale, come “Prima gli italiani” di Matteo Salvini e “Non passa lo straniero” dei patrioti di Giorgia Meloni, in Italia c’è invece una minoranza silenziosa di nostri connazionali che gli stranieri li va a cercare oltre confine, li sceglie, li seleziona, li paga e li importa, e addirittura se li fa crescere in pancia, per poi farli nascere sul suolo nazionale come italiani, assicurando loro una cittadinanza certificata. Sono i genitori dei figli della fecondazione eterologa, che di Made in Italy non hanno nemmeno il colore dei capelli, perché per il 95% sono “stranieri” geneticamente, cioè generati da ovociti e gameti nella quasi totalità dei casi di provenienza estera, e più precisamente danesi, russi, cechi, greci, spagnoli, e svizzeri.
La Relazione annuale sullo stato di attuazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (pma), licenziata dal Parlamento e legalizzata già da 4 anni dalla Corte Costituzionale, ha confermato infatti che la quota di “embrioni italiani” formati con la fecondazione assistita sfiora il 100% di Dna straniero, perché il 95% degli ovociti ed il 75% del liquido seminale provengono esclusivamente dall’estero, cioè da donatori di altre nazionalità.
Le criticità evidenziate dai diversi organi competenti si concentrano soprattutto sulla sicurezza delle coppie che devono ricorrere alla donazione, e siccome da noi mancano i donatori, uomini e donne, sul territorio nazionale si fa regolarmente ricorso alle banche estere, con costi elevati e poche certezze sulla “qualità del materiale biologico” importato, materiale che poi diventa un figlio in carne ed ossa.
POCO ORGANIZZATI
L’insufficienza o grave carenza di donatori è connessa a diversi fattori, in parte legati alla volontarietà dell’atto, più semplice per gli uomini e più impegnativo per le donne, ma è anche collegato alla mancanza di cultura italiana in fatto di donazione di gameti, ed al fatto che le nostre regioni non sono ancora attrezzate con le apposite banche, ad eccezione del Friuli Venezia Giulia e della Toscana, mentre la Lombardia si sta organizzando.
A lanciare l’allarme sul materiale biologico importato, quasi totalmente straniero, è stata la Siru (Società Italiana della Riproduzione Umana), i cui membri fanno parte del board del progetto ACQuOS ( Audit Control Quality Oocyte and Spermatozoa), e lo scopo dell’iniziativa è quello di attuare una valutazione indipendente dei gameti importati in Italia dalle banche estere nell’ambito della fecondazione eterologa. Saranno inoltre verificati diversi criteri, tra i quali le procedure per il recupero dei gameti maschili e femminili, la tracciabilità, i requisiti ambientali e della strumentazione, i metodi di stoccaggio e le modalità di trasporto dei gameti e degli embrioni. Nel 2016, secondo i dati del ministero della Salute, le domande di ovociti sono raddoppiate, e sono aumentate le richieste di fecondazione eterologa in patria, poiché sono state registrate 6.379 importazioni di criocontenitori di ovociti, ognuno dei quali ne contiene sei o sette, a fronte dei 3.304 registrate l’anno prima.
Per quanto riguarda i criocontenitori di liquido seminale nel 2016 ne sono stati importati 3.167, a fronte dei 1.982 dell’anno precedente ed è risultata in aumento anche l’importazione di embrioni, dai 744 confermati nel 2015 ai ben 2.877 nel 2016.
CITTADINANZA OVVIA
Questi numeri non sono solo dati statistici, perché da almeno la metà di essi è iniziata una gravidanza, ed è stato messo al mondo un bambino, che è nato nel nostro Paese da genitori italiani, che è quindi italiano, anche se ha un dna totalmente o almeno per metà straniero. Le mete più gettonate nei viaggi della speranza di avere un figlio restano la Spagna e la Danimarca, specialmente per le coppie più in là con gli anni, che hanno cioè ancora poco tempo per provare a procreare, e secondo i dati dei centri Ivi (Istituto Valenciano di Infertilità) nel 2016 le pazienti italiane che si sono sottoposte ad ovodonazione sono state oltre 7mila, e quasi 3mila quelle che hanno potuto fare la fecondazione omologa, usando cioè un proprio ovulo, fecondato con sperma straniero.
Quest’anno la lista di attesa è già arrivata a 1.671 donne, il 31% delle quali sono italiane, ovvero la più alta percentuale tra le straniere.
Spesso non è possibile conoscere nemmeno la nazionalità dei donatori di ovociti o liquido seminale, i quali vengono scelti dagli specialisti in procreazione assistita in base alle caratteristiche somatiche ed etniche del ricevente, per permettergli di avere un figlio “somigliante”, con gli stessi colori di pelle e capelli, e quei genitori arrivano a spendere oltre 10mila € per tentare di averlo ad ogni costo. Se poi quel bambino è nel Dna per metà greco, o per intero russo, danese o ceco poco importa, basta che nasca e che sia sano, ma riflettiamo tutti su questo aspetto genetico quando avalliamo atteggiamenti xenofobi, razzisti, di alienazione nei confronti degli stranieri o di intolleranza verso le diversità, perché quelle diversità biologiche nascono, crescono e vivono con noi già da molti anni, e verranno tramandate in successive generazioni, e a nessuno verrebbe mai in mente di rispedirle indietro da dove sono venute.