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 2018  febbraio 28 Mercoledì calendario

«Nel ruolo di un padre ottuso batto i pregiudizi con l’ironia». Intervista a Diego Abatantuono

Sullo schermo italiano ora si porta il papà comprensivo e inclusivo verso il figliolo gay. Basta con cinghiate e occhiate di traverso se lui si unisce a lui in civile matrimonio. Dopo Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, favorito agli Oscar, dove un papà di ampie vedute spiega al figlio quant’è fortunato a vivere una storia omo (mentre ai suoi tempi, beh), dal primo marzo Puoi baciare lo sposo, brillante commedia di Alessandro Genovesi, divulgherà il messaggio dell’uguaglianza Good As You: Buono come te. Gay, cioè, non marziano. Ed è quell’omone alto e prestante di Diego Abatantuono a calarsi nella parte di Roberto, sindaco piddino di Civita Bagnoregio, tutto libertà e partecipazione, finché non gli capita in casa il cosiddetto babbuino. «Posso esser felice se un vicino tiene in casa un babbuino. Ma se il babbuino viene a casa mia, no», sentenzia il suo protagonista d’una commedia leggera e colorata, scritta dal regista e da Giovanni Bognetti, con la vigilanza di Francesca Vecchioni, figlia del cantautore e presidenta di Diversity, in difesa del mondo Lgbt. Si ride e si pensa, soprattutto quando il sindaco, a disagio perché il figlio gli presenta il futuro sposo, viene contrastato dalla moglie dominatrice, starring Monica Guerritore, attrice che lotta per le unioni civili (in tv, da Lilli Gruber, quasi annichiliva la Meloni sul tema). Al sindaco, prima omofobo e poi no, non piace il musical («Variazione gay del teatro», dice), ma la caccia. Però, qualcosina aveva capito, quando il suo Antonio faceva ginnastica ritmica. Viva gli sposi, alla fine: l’amore vince tutto.
Caro Diego Abatantuono, ci spiega la «teoria del babbuino»?
«Non tutti sono uguali: è difficile trovare persone emancipate. Il padre che incarno è ottuso, inizialmente. E fa un discorso in cui il babbuino sarebbe il diverso. Un esempio volutamente molto forte: meglio il panda, che alleggerisce. È una metafora: difficile mettere in pratica ciò che si predica».
Capitasse a lei, un «outing» da parte di un figlio?
«Non mi creerebbe nessun problema. L’infelicità di un figlio, invece, è un problema. Nessun problema, se ho un figlio gay. Se viene su nazista, allora, il problema c’è».
Perché il suo sindaco, che favorisce l’accoglienza e poi, in casa, si rivela chiuso, è proprio del Pd?
«Nel cinema non si può andare di fino: le cose cambiano rapidamente. Se facevo un sindaco leghista, di per sé si sapeva che sarebbe stato contrario alle unioni civili gay. Il Pd ha persone di qualità e di non-qualità: come tutti i partiti».
Dall’America viene il «politicamente corretto», che ispira anche il suo film: non la inquieta un certo tipo di conformismo?
«Per risvegliare le persone, qualunque cosa è utile. Il problema è che bisogna gestirle bene. Il caso Weinstein svia l’attenzione dal problema che le donne vengono ancora picchiate in casa. Bisogna portare avanti il discorso su tutti i fronti: politicamente corretto, o meno, conta la tematica».
Non nota alcun tipo di appiattimento, rispetto a determinate tematiche?
«Ma sì. Prendiamo la nevicata a Roma: ho vissuto la mia vita coi pantaloni corti. Da ragazzo a Milano faceva -3, d’inverno. Per far partire l’auto ci voleva mezz’ora. Una cosa normale. E ora, tutti a fare terrorismo sul clima: la neve, il gelo... Io, invece, ieri mi sono ustionato prendendo il sole in terrazza. Del cambiamento climatico m’interesserebbe sentir parlare tutti i giorni. Senza superficialità».
Terrebbe accanto a sé una moglie comandina come quella del film?
«No. Ho sempre scelto donne forti, ma familiari e molto tradizionali.
Come vede la commedia all’italiana?
Al cinema ci sono film belli e non belli. Un film comico deve portare a casa risate. Quando ho cominciato, con Eccezziunale veramente, era molto difficile far ridere».
Progetti futuri?
«In Salento, a girare il thriller Un nemico che ti vuole bene, con capitale svizzero».