il Giornale, 28 febbraio 2018
Venezuela, anche la fede è alla fame. Le chiese senza più ostie né vino
San Paolo Mancano persino il «corpo e il sangue di Cristo» nel Venezuela di Nicolás Maduro che alcune forze politiche – dagli spagnoli di Podemos ai pentastellati recatisi in pellegrinaggio sulla tomba di Chávez per l’ultima commemorazione della sua dipartita – vorrebbero replicare qui da noi. Da qualche settimana, infatti, i preti che celebrano messa nel «paradiso» del socialismo del XXI secolo sono costretti ad offrire ai loro fedeli (20 milioni dei quali hanno perso 19 chili negli ultimi due anni) un tozzo di pane secco al posto delle ostie, dovendo versare nel calice acqua del rubinetto al posto del vino. Già perché anche del nettare di Bacco, nella maggioranza delle parrocchie venezuelane, non c’è traccia visto che, essendo importato, se lo scolano tutto i boss della narco-dittatura madurista.
«Da mesi abbiamo inoltrato una richiesta per comperare la farina di grano necessaria a produrre le ostie – si sfoga con il quotidiano brasiliano O Estado de Sao Paulo Luis Enrique Rojas Ruiz, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Mérida, città di 350mila abitanti con 13 parrocchie tutte a secco della materia prima per celebrare una degna eucarestia -. Però farina di grano non ce n’è o, per lo meno, non per noi, anche se di tanto in tanto ci dicono che siamo in lista d’attesa», continua il vescovo spiegando che, del problema, è stata allertata anche la Conferenza episcopale venezuelana (Cev). Il problema, infatti, non è nuovo ma, negli ultimi mesi, si è aggravato e «colpisce tutto il Paese».
A Maduro piacendo, pur senza ostie e vino, il Venezuela resta un Paese dove il 96% del pueblo oggi ha ancora l’ardire di definirsi cattolico – e ci vuole davvero molta forza visto che un mese e mezzo fa il Conducator di Caracas ha definito vescovi e sacerdoti dei «Satana con abito talare» solo perché avevano avuto il coraggio di denunciare la sua «dittatura» che «affama il popolo» – anche se assomiglia sempre di più alla Cuba castrista del período especial.
Ma se dopo il crollo dell’Urss che chiuse i rubinetti degli aiuti moscoviti, nel 1992 all’Avana si arrivò a lavarsi persino con le pungenti e grasse foglie di maguey, versione americana dell’agave che, sbiancava sì ma a costo di irritazioni e allergie che i cubani se le ricordano ancora oggi, a Cuba non era mai successo che ai preti mancasse la materia prima per l’eucarestia. Oggi il Venezuela sta molto peggio, a tal punto che – continua Monsignor Rojas Ruiz – «siamo stati costretti a scrivere una lettera ai vescovi di Cucuta (città colombiana che dista 250 chilometr da Mérida, ndr) per chiedere aiuto». La sua speranza è che le ostie mancanti arrivino almeno per la messa di Pasqua.