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 2018  febbraio 28 Mercoledì calendario

Se non c’è Messina non c’è Caravaggio

VITTORIO SGARBI
Ha ragione il sindaco di Messina Renato Accorinti. Non si può immaginare un film su Caravaggio senza un’attenzione particolarissima all’epilogo della sua vita e della sua opera che si compie a Messina. Perché Caravaggio sul finire del 1608, in fuga da Malta, va a Messina? Una scelta rischiosa, dal momento che la città era sede della rappresentanza più importante in Sicilia dei Cavalieri gerosolimitani, e poteva quindi essere facilmente individuato, arrestato e rispedito a Malta, da dove era fuggito evadendo spericolatamente dal Forte Sant’Angelo. E già era stato espulso dall’Ordine dei Cavalieri di Malta, e giudicato membrum putridum et foetidum. 
Messina era all’epoca una città di centomila abitanti, grande quanto Roma, e Caravaggio vi lascia, insieme alla Resurrezione di Lazzaro, il suo quadro più importante, sintesi di valori umani e religiosi: la Natività per la chiesa dei Cappuccini. Una natività pagata dal Senato di Messina mille scudi, tra i compensi più alti di Caravaggio. Francesco Susinno, autore de Le vite de’ pittori messinesi, lo definisce «uomo di cervello inquietissimo, contenzioso e torbido», e che temeva di essere tradito e consegnato alla giustizia. Tanto che «andava a letto vestito e col pugnale al fianco che mai lasciava; per l’inquietudine dell’animo suo più agitato che non è il mare di Messina». Se in un film su una vita così drammatica non entra un periodo come quello di Messina, il film è certamente un fallimento.