la Repubblica, 28 febbraio 2018
Roger Federer: «Il mio tennis fatto di cose essenziali per essere felici si deve rallentare»
MONTECARLO Mirka, la moglie, è in camera che gli sistema lo smoking. Manca poco all’inizio della serata di gala dei Laureus Awards, lui si muove con calma. «Non c’è fretta, mai.
Parliamo». La sala Jardins d’Hiver dell’hotel Hermitage.Veste di scuro: pantaloni di panno, sneakers, maglietta e pullover leggero senza logo.
Sorriso accogliente, quasi timido, stretta di mano sincera.
Ti guarda negli occhi con curiosità gentile, e subito pensi: come è semplice, Roger Federer. Essenziale. Elegante.
È questo il suo segreto?
«L’eleganza? Non credo.
Preferisco l’altro aggettivo: essenziale. Togliersi di dosso il superfluo non è facile, lo so: ma se vogliamo essere felici, bisogna provarci. Sempre. Capire quel che non serve e liberarsene, trovando il giusto equilibrio: nello sport, nella vita».
Sembra più facile a dirsi.
«Saper aspettare. Scegliere. Con gli anni ho imparato che ci vuole pazienza, e che la pazienza porta serenità. Quando torni dopo un infortunio devi essere al 100%, non un briciolo di meno. Anche se tutti ti vorrebbero subito sul campo. Devi imparare a dire no: se non è il momento, non puoi rientrare. Neppure quando sei al 90%, non basta. Il nostro è uno sport che richiede un enorme impegno fisico e mentale. E allora bisogna stare bene. Però per farlo, bisogna togliere qualcosa: fare delle scelte».
Nel 2016 ha rinunciato alle Olimpiadi e a Wimbledon. Ma a Londra ha vinto la stagione seguente, per l’ottava volta. E pure gli Australian Open. A 36 anni.
«Sono stato fuori 6 mesi, senza preoccuparmi se al mio ritorno sarei stato un altro giocatore o chissà quante posizioni avrei perduto nel ranking. C’è qualche problema? Gli sponsor si lamentano, addio ai premi? Non mi interessa il denaro, dopo 20 anni di carriera. Voglio giocare per divertirmi, per divertire. E continuerò a farlo fino a quando mia moglie, i miei bambini, saranno d’accordo. Perché la cosa più importante è la loro – la nostra – felicità».
Due coppie di gemellini: Myla e Charlene, le sorelline di 8 anni; Leo e Lenny, che tra poco ne compiranno 4. La seguono spesso durante i tornei.
«Senza di loro non sarei il campione di oggi. Gli ultimi 10 anni della mia vita mi hanno profondamente cambiato: il matrimonio, i gemelli. La mia famiglia. Voglio che siano il più possibile accanto a me, ed è bellissimo avere qui a Montecarlo anche i nonni. Non sono perfetto.
Quando sei padre, lo capisci di più. Essere circondato da loro, dai miei allenatori e dal resto della mia squadra, mi dà una serenità straordinaria. Tutto quello che desidero».Insieme a qualche altro Slam, magari.
«Ne ho vinti 20, ma non so cosa accadrà domani. Non voglio più fare piani. Un tempo giocavo tutti i tornei a disposizione, ora è diverso: non ho idea se quest’anno avrò una programmazione più o meno intensa. Dipenderà dall’equilibrio che riuscirò a trovare tra gli allenamenti, le partite, il tempo libero, la famiglia, i media, gli sponsor. Un po’ di tutto, ma nelle giuste proporzioni. Senza fretta, con le giuste pause».
Allora c’è anche le per le prossime Olimpiadi, in Giappone? Nel 2020 avrà 39 anni.
«Sarà bellissimo, se per quell’epoca starò ancora giocando. Ma non posso dire: è il mio ultimo obiettivo, prima del ritiro. Non ha senso parlarne oggi, è tutto così lontano ed incerto».
Il giorno che Federer smette, che tennis sarà?
«Sono sicuro che a suo tempo hanno chiesto la stessa cosa a Laver o McEnroe. Il tennis continuerà a produrre campioni, niente paura. Ci sono tanti giovani talenti: Dimitrov e Thiem, ad esempio. Io e gli “altri” (Djokovic, Nadal) cercheremo di rendere loro la vita dura, ma chi può dire quanti Slam vinceranno? Nessuno. Ci sono troppe variabili, gli ingredienti giusti arrivano quando meno te lo aspetti. Se mi guardo indietro, penso che difficilmente da giovane avrei immaginato di prendermi tutti questi tornei.
Credo che per Novak sia lo stesso. Forse solo di Rafa, da ragazzo, si poteva scommettere che avrebbe vinto parecchi Slam».
Nadal, a proposito: lo spagnolo dice che se potesse, le ruberebbe il servizio.
«Io gli ruberei tante altre cose: l’abilità di muoversi sulla terra battuta, la potenza, la voglia di combattere e di resistere agli infortuni, una incredibile forza mentale che gli permette di esaltare tutte le sue qualità e rimediare ai pochissimi punti deboli. Ecco perché è uno dei più grandi di sempre: sono contento di averlo come avversario».
Rafa vorrebbe pure la sua eleganza.
«Quella che voi chiamate eleganza, per me è naturalezza.
Provo a spiegarmi: ho sempre cercato di muovermi sul campo nel modo migliore, istintivo, senza copiare nessun giocatore in particolare. Possibilmente rallentando, diminuendo gli sforzi. Ho un tennis tutto mio: diverso da quello attuale, così aggressivo e veloce. Non voglio lo scontro, l’impatto. La brutalità nel tennis non mi appartiene, non mi è mai piaciuta. Uso lo slice, cerco un gioco più lento.
Morbido. E attacco per primo, perché così posso decidere io dove andrà la palla. Però succede naturalmente. Elegante, dite?
Forse perché assomiglia un po’ alla vecchia maniera di interpretare e giocare il tennis».
Nessuno sportivo è amato nel mondo come Roger Federer. In campo e fuori.
Qual è il segreto?
«Anche a me piacerebbe saperlo ( ride). Forse perché gioco da così tanto tempo che gli altri tennisti hanno imparato a conoscermi bene: mi piace parlare con tutti, soprattutto i più giovani, se mi fanno una domanda detesto rispondere solo con un sì/no.
Fuori dal campo, credo che la gente riconosca la mia onestà. Le vittorie contribuiscono, naturalmente: ma il fatto di aver lottato tanto ed essere passato attraverso momenti molto difficili, penso mi renda in un certo senso più “umano”. Sono un uomo di famiglia, vorrei trasmettere i giusti valori, amo mia moglie e i miei bambini, ho delle origini semplici. La gente capisce che per me la vita non è solo il tennis. Attenzione: io non voglio piacere a tutti, c’è chi preferisce Novak o Rafa ed è giusto così. Ma sono orgoglioso di essere un idolo per molti bambini, e mi fa stare bene quando i loro genitori mi indicano come un esempio».
Si sente un uomo felice o – per dirla con le sue parole – equilibrato?
«Questo è un momento molto interessante della mia vita. Sono motivato, affamato. Di vivere, di giocare. Sto bene con la mia grande famiglia e le piccole cose. Mi eccita l’idea di essere di nuovo il numero uno, di poter vincere altri Slam. So che devo fare attenzione agli infortuni, ma non sono preoccupato: non ho paura, perché altrimenti sarebbe come chiudersi in una gabbia e invece io voglio sentirmi libero. Non ho bisogno di allenarmi duramente, magari giusto qualche esercizio in più per via dell’età. Non mi interessa giocare più tennis: mi interessa un tennis di qualità.
Togliere quel che non serve, tenere l’essenziale. Come nella vita».