la Repubblica, 28 febbraio 2018
Il boom dell’Antoniano su YouTube batte Vasco. Intervista a Sabrina Simoni
Rockstar che si arrampicano sulle note, rapper imperdibili, voci divine, popstar strappacuore? No. Primo in classifica nelle statistiche musicali di YouTube per l’Italia – dal 2014 a oggi – è il Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna.
I successi dei bambini canterini realizzano più visualizzazioni (si sfiorano i 630 milioni) di un mito come Vasco Rossi. Sarà perché i genitori piazzano i figli davanti ai video dello Zecchino d’oro per farli stare buoni, o per quell’“infanzia di ritorno” che fa la fortuna di Cristina D’Avena? I cinquantenni cantano, la nostalgia fa il resto.
Chi voleva un gatto nero era affezionato anche ai 44 gatti che marciavano compatti?
Forse sì. Comunque bei tempi.
L’esibizione con Lo Stato Sociale e Paolo Rossi all’ultimo festival di Sanremo, ha proiettato il Piccolo Coro nel mondo dei grandi: in un video cantano la cover di Una vita in vacanza travestiti dai lavoratori citati nel tormentone, dalla influencer al poliziotto di quartiere, dal ladro al “ricco di famiglia”. Un trionfo.
YouTube incorona il coro. Se lo aspettava? «Con questi numeri no», commenta Sabrina Simoni, la direttrice che dal 1995, dopo la morte della maestra Mariele Ventre, guida i sessanta bambini.
«Mi aspettavo un effetto positivo dopo il Festival, siamo partiti per Sanremo per divertirci e fare una gran festa sul palco. L’accoglienza mi ha sorpreso, eravamo stati all’Ariston anche l’anno scorso con Carlo Conti».
Creato nel 1963 dalla “signorina Mariele” per accompagnare gli interpreti dello Zecchino d’Oro, un esercito di codine infiocchettate e teste che tenevano il ritmo, oggi il coro è una piccola Onu, rispecchia il mondo multietnico dall’Ucraina al Congo. A fare la sua parte è arrivato il maestro Peppe Vessicchio, già direttore artistico della compilation del 60° Zecchino, nominato da poco direttore musicale delle iniziative dell’Antoniano.
Signora Simoni, il successo del Coro va oltre l’anagrafe: come se lo spiega? Infanzia di ritorno?
«Non lo so può essere visto in molti modi, forse è la leggerezza e l’energia che trasmette, per gli adulti è un tempo sospeso».
Le canzoni tirano fuori il bambino che è in noi?
«Alcune ci fanno sorridere dentro, ci fanno aprire, non siamo più ripiegati su noi stessi. Diventa difficile riuscire a comprendere cosa scatti: ci sorprendono».
Dopo tanti anni continua a sorprendersi?
«Ormai curo questi bambini da 23 anni. Sono 25 di Antoniano, prima di dirigere il coro affiancavo Mariele Ventre. Il tempo vola. La sorpresa è osservare un quadro di insieme originale, il coro è unico».
Con Lo Stato Sociale fate ballare tutti.
«Non è la nostra prima collaborazione, ce ne sono state tante, con modalità diverse, col grande Luciano Pavarotti e col maestro Bocelli. Per l’ultima avventura sanremese dobbiamo ringraziare il produttore della band, che ha curato la performance col coro.
Col maestro Vessicchio la collaborazione è cominciata l’anno scorso con lo Zecchino, contribuisce con la sua sensibilità a un progetto che si arricchisce di tante esperienze».
Cosa s’impara lavorando con i bambini?
«La fortuna è che sono estremamente curiosi, trasmettono la loro sorpresa, non danno per scontato quello che gli accade. Per un adulto significa mantenersi propositivo. I piccoli hanno dai tre ai tredici anni.
È un’esperienza a termine, crescono e arriveranno altri bambini. È il bello e il brutto del coro, ogni anno c’è questo riequilibrio, una sensazione di attesa da Sabato del villaggio».
Le dispiace quando escono?
«Il coro è molto presente nella vita dei bambini, è un impegno.
Rinunciano alla festicciola perché nel weekend c’è il concerto, per certi versi da parte loro c’è una giusta presa di coscienza: pensano che sia ora di crescere e fare altro. Alcuni non ne possono più...».
Si stancano?
«Cantano da quando hanno tre anni. In dieci anni vivono vite diverse, diventano persone diverse. Magari vogliono andare in piscina. Comunque non mi faccio vedere triste quando vanno via, se è quello che vuole sapere».
Come si riesce a far sopravvivere il marchio dell’Antoniano tra i giovani?
«Un marchio resta tale quando rappresenta le persone che lo fanno vivere e offre contenuti. Se diventa solo un nome, si svuota. Mi sembra che in alcune circostanze, non parlo per noi, vinca l’idea che basti il brand.
Non è così. Bisogna mantenere vivo il cuore. Un valore acquisito va protetto, non cade dal cielo.
Servono obiettivi chiari, poi puoi essere elastica, cambiare, ma senza tradire le radici».
È severa?
«Sì. Ho aspettative, un no è un no un sì è un sì. Sono seria. Poi mi diverto a ascoltarli, so tutto della loro vita: fidanzati, non fidanzati.
Racconti pazzeschi. Mi fanno divertire, entri nel loro mondo».
La sua canzone preferita?
«La chiedono sempre anche i bambini. Sono tante. Quella che ha vinto quest’anno Una parola magica. Le evergreen? Lo scriverò nel vento che vinse la 49ma edizione, Il valzer del moscerino, La sveglia birichina. Faremo una bellissima serie di cartoni sui 44 gatti. I 44 gatti non possono mancare».