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 2018  febbraio 28 Mercoledì calendario

Jordi, da prof barricadero a presidente detenuto

Il prossimo presidente della Catalogna sarà un detenuto in attesa di giudizio. Tramontata l’idea di rieleggere l’ex presidente Puigdemont che manterrà però un ruolo di guida politica in esilio dalla sua nuova residenza di Waterloo, in Belgio, alla periferia di Bruxelles, i due principali partiti nazionalisti hanno raggiunto un accordo sul nome Jordi Sànchez. Eletto come numero due nella lista di Puigdemont – Junts per Catalunya – alle elezioni del 21 dicembre scorso, Sànchez è in prigione accusato di sedizione dal giudice del Tribunale supremo Pablo Llarena. L’idea di proporre il nome di Sànchez è per il governo centrale di Madrid un’ennesima sfida. E, già ieri, sia il ministro della Giustizia spagnolo, Rafael Catalá, che il responsabile degli Affari esteri, Alfonso Dastis, hanno sottolineato che Jordi Sànchez «non è il candidato ideale» per presiedere la Catalogna, minacciando che, nel caso fosse eletto dal Parlamento regionale, il commissariamento della regione autonoma con l’articolo 155 della Costituzione potrebbe proseguire.
Jordi Sànchez è uno dei due Jordis – l’altro è Jordi Cuixart – di cui da oltre quattro mesi i nazionalisti catalani chiedono la scarcerazione, perché li considerano “prigionieri politici” – e lo ricordano sempre indossando come Pep Guardiola un nastro giallo –, insieme all’ex vicepresidente Oriol Junqueras e all’ex conseller Joaquim Forn. Sánchez e Cuixart erano rispettivamente i presidenti delle due principali organizzazioni civiche catalane, Anc e Ómnium, che hanno sostenuto il referendum illegale per l’autodeterminazione del primo ottobre 2017. Furono i primi dirigenti indipendentisti ad essere arrestati, il 16 ottobre dell’anno scorso. I “Jordis” sono accusati di sedizione, reato che nel codice spagnolo prevede fino a 15 anni di carcere. I fatti risalgono al 20 e 21 settembre dell’anno scorso quando agenti della Guardia civile perquisirono alcuni uffici del governo catalano alla ricerca delle urne per il referendum. In quei giorni, sia la Anc che Ómnium fecero appello ai loro sostenitori affinché scendessero in strada per bloccare l’azione della polizia. 40mila persone circondarono la sede del ministero dell’Economia catalano e un gruppo di agenti della Guardia civile rimase tutta una notte sotto assedio all’interno dell’edificio senza poter uscire. Come responsabili dell’appello che provocò gli incidenti, Sànchez e Ciuxart sono finiti in galera.
Jordi Sànchez viene dall’estrema sinistra catalana. A vent’anni era il portavoce della “Criada”, un movimento per la difesa del catalano che organizzò azioni contro aziende ed entità commerciali accusate di sabotarlo. La Criada ebbe forti legami con Herri Batasuna, il braccio politico dell’Eta militare basca. Laureato in Scienze politiche, commentatore tv, Sànchez che oggi ha 53 anni, è stato consigliere dei governi locali in temi legati all’istruzione e all’immigrazione. Nel 2015 assunse la guida dell’Assemblea nazionale catalana ( Anc), movimento di base per l’indipendenza. Ora, proponendolo da detenuto alla presidenza, l’obiettivo dei nazionalisti catalani è quello di rendere il più imbarazzante possibile l’immagine internazionale della Spagna.