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 2018  febbraio 28 Mercoledì calendario

Intervista a Renato Mazzoncini. «Troppi errori chiediamo scusa. Pronti a investire cento milioni»

ROMA L’amministratore delegato delle Ferrovie Renato Mazzoncini lo dice subito.
«Sono stati commessi degli errori, che non ripeteremo. E dobbiamo delle scuse ai passeggeri. Quando uno sta sette ore in treno c’è poco dire, bisogna solo scusarsi, e attrezzarsi per fare sì che non accada più».
Mazzoncini, ieri una giornata difficile, due giorni fa una autentica débâcle. Per colpa di qualche scaldiglia l’Italia si è quasi fermata ad Orte. Perché?
«Le scaldiglie non sono una cosa marginale. Sono delle resistenze ognuna delle quali assorbe la stessa energia di un appartamento con un impianto da 3 kw/h. Solo la stazione Termini ne ha 300, e quindi è come se ci servisse energia per 300 appartamenti. Le scaldiglie permettono di sbloccare i deviatori, che determinano il percorso dei treni. Nell’intero nodo di Roma ce ne sono 600, ma solo 150 sono attrezzati con le scaldiglie».
Troppo pochi, perché?
«Da Firenze in su tutta la rete è attrezzata per affrontare le emergenze climatiche, tant’è che la circolazione è normale come nel resto d’Europa. Nel Lazio invece la rete non è massicciamente attrezzata.
Perché? Vediamo i fatti. Le ultime grandi nevicate sono state nel 1956, nel 1985 e nel 2012. Cioè in media ogni 28 anni. Stavolta invece dall’ultima ne sono passati 6, e in mezzo molte altre nevicate anomale. La legge vieta l’overdesign, cioè gli investimenti ingiustificati, anche rispetto alla sistematicità degli eventi. E il grande freddo nel Lazio non era considerato sistematico. Ma abbiamo imparato la lezione e adesso si cambia».
Cosa state facendo?
«Abbiamo deciso di inserire nel contratto di programma tra Ministero e Rete Ferroviaria Italiana l’attrezzaggio di tutta la rete laziale con i sistemi antineve e antighiaccio, con un investimento di 100 milioni a regime, metteremo la rete in condizioni di parità con il resto del paese. Nella logica precedente l’investimento era considerato ingiustificato, adesso non lo è più».
Chi vi accusa parla di manutenzione trascurata e di tagli eccessivi che penalizzano la rete.
«Questo non è vero, la manutenzione con le scaldiglie non c’entra nulla. O le hai, e muovi gli scambi, o non le hai e mantieni i deviatori bloccati, riducendo però il traffico. E questo è stato l’errore che abbiamo compiuto il giorno prima della nevicata. Abbiamo voluto mantenere operativo tutto il servizio invece di ridurlo. Se blocchi i deviatori devi fissare gli itinerari, e così dove passano 50 treni ne passano 15. Se l’avessimo fatto non sarebbe andata così.
Aggiungiamo che si è anche accanita la sfortuna e che quando la situazione si stava per sbloccare si è fermato un treno di Italo sulla rete, cosa che ha comportato l’uso di una sola linea unica ad alta velocità tra Nord e Sud. Facciamo la manutenzione e anche gli investimenti: ma bisogna considerare che negli ultimi 6 anni la circolazione è passata da 16 milioni di trenichilometro l’anno a 33 milioni di treni-chilometro».
L’Alta velocità ha circolato di più dei treni Intercity. Il conto dei disagi, insomma, lo pagano sempre i pendolari?
«Il numero dei treni regionali circolato è enormemente superiore a quello delle Frecce. Per oggi abbiamo comunque deciso di riportare tutte le partenze a Termini, aumentare la circolazione dei regionali e mantenere la percentuale di riduzione dell’Alta Velocità al 20 per cento».
Mazzoncini, le sue Ferrovie vogliono essere un player globale. Autobus e operazioni all’estero. Non è il caso di concentrarsi di più sull’Italia?
«Sfatiamo un mito. Il piano decennale prevede 108 miliardi di investimenti in 10 anni. Il 99,1 per cento riguarda l’Italia, e il 70 per cento è sulla Rete.
Quando andiamo all’estero lo facciamo per fare gestione o esportare capacità. Gli investimenti li facciamo qui. E lo dimostra il fatto che se un fondo Usa paga 20 volte l’Ebitda di Ntv per acquisire il concorrente che fa viaggiare Italo vuol dire che il sistema italiano è una vetrina e uno dei migliori al mondo».
Quanto vi costa in termini economici e di immagine tutto questo?
«In termini economici dovremo vedere con Trenitalia. In termini di immagine certo un danno lo abbiamo subito, ma non voglio credere che un’esperienza come quella vissuta possa far cambiare la percezione di milioni di persone che vivono sui nostri treni. A questi dico però che stiamo dando una risposta immediata al problema. Ma riconosco che chi è stato sul treno sette ore anziché tre ha perfettamente ragione di essere arrabbiato: dobbiamo migliorare la comunicazione e l’informazione. Faremo tesoro di quello che è successo, e già stiamo agendo per evitare che accada ancora».
Giuste promesse, che devono trovare soluzioni operative anche immediate, visto che il maltempo c’è ancora.
«Infatti. Potevamo bloccare tutto il traffico, oppure mantenerlo tutto. Sono entrambi errori, credo.
Abbiamo scelto la seconda, per lo spirito di servizio dei ferrovieri e abbiamo portato a spasso 8mila treni: ma non ha pagato. Quindi abbiamo preso due provvedimenti: mettere le scaldiglie e proceduralmente, di fronte all’emergenza meteo e in coordinamento strettissimo con la protezione civile prendere provvedimenti che riducano i problemi, limitando il servizio. Era la mossa giusta da fare, non vogliamo più che la gente dica: “Se avessi saputo restavo a casa”. Abbiamo fatto un errore, si cambia».