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 2018  febbraio 28 Mercoledì calendario

Gioco d’azzardo, una partita persa

«Un ottimo antidoto per la solitudine». Usarono proprio queste parole, al ministero delle Finanze, per fare propaganda al Bingo. Lanciato, ricorda un’Ansa del ’99, con un titolo entusiasta («L’Italia fa Bingo, in arrivo gioco made in Usa») e un articolo spensierato: «A importare il gioco, molto diffuso oltre che negli Stati uniti, dove è nato, in Gran Bretagna e Spagna, ci sta pensando il ministero delle Finanze. E non solo per rimpinguare le sempre bisognose casse dello Stato (frutterebbe all’erario almeno 3 mila miliardi l’anno). Il Bingo, rivela uno studio Eurispes, creerà nuovi posti di lavoro (...) e sarà un ottimo antidoto per la solitudine». Come sia andata si sa. Il demone dell’azzardo ha via via travolto, attraverso nuovi «giochi» studiati per creare sempre più dipendenza, milioni di persone. Facendo emergere, come ha spiegato mille volte don Luigi Ciotti, una crescita continua e sempre più grave dell’isolamento e dell’emarginazione delle persone. Soprattutto fra i vecchi, un quarto dei quali vive solo. Dice tutto il titolo di una ricerca del gruppo Abele, di Libera e di Auser: «Anziani e gioco d’azzardo: è la solitudine il vero nemico». Mette i brividi, dunque, oltre vent’anni dopo i primi allarmi lanciati in Paesi come la Spagna che già a ottobre 1997 vide una «giornata contro l’azzardo» per denunciare i guai delle ludopatie, rileggere le vanterie sugli incassi dello Stato biscazziere e il tono delle risposte delle nostre autorità a chi avvertiva invano dei rischi della deriva poi avvenuta. Su tutte quella di Vincenzo Visco, l’allora responsabile delle Finanze. Il quale, irridendo alle denunce, fece pubblicare nel 2009 sulla newsletter ministeriale queste righe: «Corredato da firma prestigiosa, un autorevole commento ha bollato di infamia gli sgravi fiscali perché realizzati a suo dire non dalla lotta all’evasione bensì grazie all’istigazione al gioco d’azzardo di cui gli italiani sarebbero stati vittime per essere meglio taglieggiati dall’erario». Seguiva l’autoelogio: «In Italia, da quando ci sono i governi di centrosinistra, le entrate della voce “giochi” sono considerevolmente aumentate per una semplicissima ragione: anche in quel settore, come in tutto il sistema fiscale, c’è stata una riforma che riservando allo Stato il controllo totale dei giochi, ne ha affidato ai privati la gestione. E i privati hanno saputo fare meglio di quanto non facesse la burocrazia». I risultati, a partire dal caso del Re dell’azzardo Francesco Corallo, si sono visti... 

Gioco d’azzardo, una partita persadi Gian Antonio Stella
«U n ottimo antidoto per la solitudine». Usarono proprio queste parole, al ministero delle Finanze, per fare propaganda al Bingo. Lanciato, ricorda un’Ansa del ’99, con un titolo entusiasta («L’Italia fa Bingo, in arrivo gioco made in Usa») e un articolo spensierato: «A importare il gioco, molto diffuso oltre che negli Stati uniti, dove è nato, in Gran Bretagna e Spagna, ci sta pensando il ministero delle Finanze. E non solo per rimpinguare le sempre bisognose casse dello Stato (frutterebbe all’erario almeno 3 mila miliardi l’anno). Il Bingo, rivela uno studio Eurispes, creerà nuovi posti di lavoro (...) e sarà un ottimo antidoto per la solitudine». Come sia andata si sa. Il demone dell’azzardo ha via via travolto, attraverso nuovi «giochi» studiati per creare sempre più dipendenza, milioni di persone. Facendo emergere, come ha spiegato mille volte don Luigi Ciotti, una crescita continua e sempre più grave dell’isolamento e dell’emarginazione delle persone. Soprattutto fra i vecchi, un quarto dei quali vive solo. Dice tutto il titolo di una ricerca del gruppo Abele, di Libera e di Auser: «Anziani e gioco d’azzardo: è la solitudine il vero nemico». Mette i brividi, dunque, oltre vent’anni dopo i primi allarmi lanciati in Paesi come la Spagna che già a ottobre 1997 vide una «giornata contro l’azzardo» per denunciare i guai delle ludopatie, rileggere le vanterie sugli incassi dello Stato biscazziere e il tono delle risposte delle nostre autorità a chi avvertiva invano dei rischi della deriva poi avvenuta. Su tutte quella di Vincenzo Visco, l’allora responsabile delle Finanze. Il quale, irridendo alle denunce, fece pubblicare nel 2009 sulla newsletter ministeriale queste righe: «Corredato da firma prestigiosa, un autorevole commento ha bollato di infamia gli sgravi fiscali perché realizzati a suo dire non dalla lotta all’evasione bensì grazie all’istigazione al gioco d’azzardo di cui gli italiani sarebbero stati vittime per essere meglio taglieggiati dall’erario». Seguiva l’autoelogio: «In Italia, da quando ci sono i governi di centrosinistra, le entrate della voce “giochi” sono considerevolmente aumentate per una semplicissima ragione: anche in quel settore, come in tutto il sistema fiscale, c’è stata una riforma che riservando allo Stato il controllo totale dei giochi, ne ha affidato ai privati la gestione. E i privati hanno saputo fare meglio di quanto non facesse la burocrazia». I risultati, a partire dal caso del Re dell’azzardo Francesco Corallo, si sono visti...