il Fatto Quotidiano, 27 febbraio 2018
Il gigante spagnolo coi soldi freschi dei cinesi
A Barcellona c’è quasi sempre il sole e anche il calcio sembra più bello (facile, con Messi e Cristiano Ronaldo). Nella speranza di imitarli, la Serie A ha scelto di affidarsi agli spagnoli per trasmettere il campionato nei prossimi tre anni e moltiplicare i ricavi. E MediaPro ha fatto arrivare dall’Italia giornalisti e dirigenti della Lega per convincere i più scettici, tra una paella in riva al mare e una partita al Camp Nou.
Per spezzare (Antitrust permettendo) il duopolio di Sky e Mediaset ci voleva un altro colosso: un miliardo e mezzo di fatturato (con ottimi rapporti con gli sceicchi e i cinesi alle spalle), 43 mila metri quadri di studi in giro per il mondo, 53 camion Ob-Van per le regie mobili, una redazione integrata di oltre 100 giornalisti. Soprattutto, l’enorme palazzo in Avinguda Diagonal, dove inizia e finisce tutto, arrivano e ripartono le immagini delle partite, complete di cronache, servizi e statistiche. L’avventura cominciata nel 2004 con una telecamera ha portato Tatxo Benet e Jaume Roures a conquistare la Liga. Ora puntano al bis in Italia.
In quello che fanno, in realtà, non c’è nulla di straordinario, a parte le giocate di Messi: dall’HD al numero di telecamere, sono standard che la Serie A ha più o meno raggiunto.
La vera differenza è che in Spagna fanno tutto loro, dalla produzione alla distribuzione. E questo permette economie diverse, strategie commerciali migliori, un prodotto davvero unico. Quello che in Italia Sky e Mediaset non hanno mai voluto fare, o potuto visto che la Legge Melandri impedisce l’esclusiva assoluta per le emittenti. Ma MediaPro non è una televisione, molto di più: “Más que una tv”, parafrasando il motto del Barça. Quasi una creatura ibrida, metà Sky metà Infront. Che può permettersi di abbattere i costi degli abbonamenti: “Maggiore la distribuzione, minore il prezzo: in Spagna ormai si vede tutto il calcio a partire da 17 euro”, la promessa di Benet ai tifosi. Roures, però, è costretto a frenare gli entusiasmi: “Questo è quello che ci piace fare, non quello che faremo da voi. Ci atterremo alla legge”. MediaPro ha vinto un bando da intermediario, che consente solo la rivendita dei diritti o al massimo di singoli prodotti audiovisivi.
Niente modello spagnolo, niente canale della Lega. Meglio non far arrabbiare l’Antitrust, che deve dare l’ok. Però è chiaro che loro hanno altro per la testa: “L’importante non è solo avere i diritti, conta saperci lavorare”. Non vedono l’ora di farsi il loro canale del calcio. I margini per arrivarci subito sono strettissimi: bisognerebbe convincere tutti i club (a proposito: oggi a Milano atterra Giovanni Malagò, che debutta da commissario e porterà a cena i presidenti), e il rischio di una guerra aperta con Sky sarebbe comunque altissimo. Più facile che MediaPro per il momento si limiti a rivendere alle varie piattaforme, così da rientrare della spesa (“Non siamo una fondazione, non facciamo beneficenza”, ricorda Benet). Magari offrendo agli Google & C. un prodotto completo di cronaca e commento, solo da trasmettere, per aprire il mercato dello streaming internet a Perform e Amazon. Un piccolo utile oggi, un grande affare domani.