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 2018  febbraio 28 Mercoledì calendario

Nello studio privato del dentista ma con le tariffe della Sanità pubblica

Accomodarsi in poltrona dal dentista senza pagare o versando solo il ticket quando il reddito scarseggia, pagando tariffe ridotte del 50 e più per cento nel caso la condizione economica sia meno pesante, ma la parcella faccia in ogni caso saltare dalla poltrona. E tutto con un costo minimo per le casse pubbliche. A trovare l’uovo di colombo per estrarre una delle spine più dolorose che limita l’universalità del nostro Servizio sanitario nazionale è un vecchio progetto della regione Toscana che, con qualche variante, il ministro della salute Beatrice Lorenzin, propone ora di estendere in tutto il Paese, lanciando l’idea nel suo libro «Per salute e per giustizia», presentato oggi a Roma.
Il progetto è stato avviato a Firenze otto anni fa e poi sospeso per essere ora rilanciato su scala più ampia, funziona in sintesi così: i centri odontoiatrici pubblici offrono le prestazioni gratuite a disabili, malati cronici gravi e a chi ha un reddito Isee inferiore a 8mila euro. Tra gli 8 e i 14mila euro di Isee si pagano i ticket previsti per la specialistica ambulatoriale. Per chi possiede redditi superiori, invece, stop alle super-parcelle, perché sfruttando la sindrome da poltrona vuota, che dopo la crisi ha colpito anche i dentisti, la Asl si convenziona con gli studi privati, spuntando tariffe ridotte del 50-60%.
Ecco qualche esempio: l’estrazione di un dente a 43 euro anziché i 90 delle tariffe «piene», l’otturazione 45 contro i 100 richiesti in media dal privato non convenzionato, la ricostruzione del dente 70 euro contro 150, una cura canalare tra 50 e 70 anziché 180-200, l’ablazione del tartaro 30 invece di 80, l’applicazione di una corona, che può arrivare a costare 500 euro, solo a 150. Tariffe decisamente low cost, che se praticate a tutti gli assistiti, come propone Lorenzin, farebbero risparmiare agli italiani oltre la metà di quei 9 miliardi l’anno spesi per le cure odontoiatriche. Ma la convenzione delle Asl con gli studi odontoiatrici privati consentirebbe anche di assistere quel 9% circa di italiani, che secondo l’Andi, l’associazione nazionale dei dentisti, ogni anno rinunciano alle cure per motivi economici. Una fetta che resta in larga parte senza copertura, visto che in base ai livelli essenziali di assistenza, lo Stato copre le cure dentali solo per il 3-4% degli assistiti, quelli che soffrono di particolari e gravi patologie. E in più la grande maggioranza dei fondi integrativi si tiene alla larga dalla copertura di questo tipo di spese.

Ma il ruolo del pubblico non si limiterebbe a spuntare tariffe più che dimezzate negli studi privati. I centri odontoiatrici delle Asl dovrebbero infatti garantire anche l’appropriatezza delle cure proposte dal dentista convenzionato. In altre parole un modo per evitare il rischio di finire sotto il trapano anche quando non serve, se non a chi lo impugna.
Tutto questo non è stato fino ad oggi solo sulla carta, perché nel 2008 la Asl di Firenze applicando il modello era riuscita a far scontare i tariffari a 14 studi privati, che avevano offerto agli assistiti della città circa 10mila prestazioni odontoiatriche, per un valore vicino al milione di euro. Poi l’esperimento è stato sospeso con la prospettiva, ora, di rilanciarlo su scala regionale e nazionale, se Lorenzin resterà in sella o troverà orecchie attente ad attuare la sua proposta.
I costi di tutta questa operazione? Passare il dentista gratis a tutti gli italiani, stima il ministro della Salute, costerebbe circa 15 miliardi. Improponibile in tempi di vacche magre. Ma coprire direttamente solo le fasce più deboli della popolazione spuntando tariffe low cost per tutti gli altri potrebbe richiedere non più di una quarantina di milioni su scala nazionale, se vanno prese per buone le stime della Toscana, che per il territorio regionale davano un costo di 2 milioni e mezzo il primo anno, destinato quasi a dimezzarsi gli anni successivi. Briciole rispetto a quanto spendono oggi di tasca loro gli italiani dal dentista e ai 113 miliardi del fondo sanitario nazionale.