La Stampa, 28 febbraio 2018
Pasquale Tridico: Troppa flessibilità, via il Jobs Act. E congeleremo la legge Fornero
Pasquale Tridico, calabrese, 42 anni, professore associato di Politica economica a Roma Tre.
Di Maio la vorrebbe al ministero Lavoro e Welfare. Un bella responsabilità con livelli così alti di disoccupazione e precarietà. Che ricette avrebbe?
«È urgente invertire le politiche di estrema flessibilizzazione del mercato del lavoro approfondite di recente dal decreto Poletti sui contratti a tempo determinato e dal Jobs Act. Le evidenze empiriche mostrano che sono i Paesi con mercati meno flessibili a presentare le migliori performance in termini di produttività del lavoro in Europa».
Più rigidità? Cioè vuole smantellare quello che è stato fatto fino a oggi. A partire dal Jobs act
«La priorità è la revisione del decreto Poletti sui contratti a tempo determinato che oggi permette alle imprese di rinnovare quelli a termini fino a 5 volte per un massimo di 36 mesi senza indicarne la ragione. Inoltre la deroga del 20% dei contratti a tempo determinato è aggirata grazie alle troppe deroghe. Dobbiamo ridurre questa discrezionalità esagerata»
Reintroduzione dell’articolo 18?
«Valuteremo se tornare alla disciplina precedente per le imprese sopra i 15 dipendenti, per quelle sotto non c’era prima e non crediamo sia utile».
Abbasserebbe il costo del lavoro? Interventi sul cuneo fiscale? Decontribuzione?
«Il nostro intervento sul cuneo fiscale sarà selettivo, perché in linea teorica abbassare eccessivamente il costo del lavoro spinge le imprese a investire in produzioni labour intensive, ostacolando crescita della produttività e innovazione tecnologica. Ci vuole equilibrio. Stiamo pensando a riduzioni in determinati settori economici e soprattutto sui lavoratori più giovani, a patto che la riduzione si accompagni all’aumento degli investimenti in innovazione».
Poletti lascia in eredità il Reddito di inclusione. Lo cancellerebbe per quello di cittadinanza? Ci sono 15 miliardi di differenza.
«Il reddito di inclusione è una misura insufficiente. 187 euro a persona! Un altro bonus occasionale. La nostra misura di fatto è un reddito minimo condizionato, rivolta a circa 10 milioni di persone a cui permetterà anche di formarsi e di trovare un nuovo lavoro, nel caso non ce l’abbiano. Le coperture del reddito di cittadinanza sono state illustrate dal M5S e sono state anche dichiarate ammissibili nelle commissioni Bilancio. Inoltre, farà aumentare anche il Pil potenziale e quindi i margini di flessibilità in deficit concessi automaticamente in rispetto alle clausole europee».
Come farebbe funzionare l’alternanza scuola-lavoro contro la disoccupazione giovanile?
«Dobbiamo ripensarla. A oggi è solo uno strumento gratuito per le imprese. La disoccupazione giovanile, che colpisce soprattutto il Sud, è la priorità. Pensiamo a una clausola che vincoli il settore pubblico ad indirizzare almeno il 34% degli investimenti nel Mezzogiorno per aumentare l’occupazione. Una clausola che in passato funzionava».
Davvero cancellerebbe la Fornero? Con quali soldi?
«Stiamo pensando a un superamento graduale, che costerà 11 miliardi annui. Con la nostra riforma si potrà andare in pensioni o dopo 41 anni di contributi versati, qualunque sia l’età, o quando la somma tra età contributiva ed età anagrafica fa 100. In sintesi quota 41 e quota 100. Inoltre bloccheremo per 5 anni l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita e istituiremo un Osservatorio per i lavori usuranti al fine di estendere il perimetro di questa particolare categoria.
Com’è andata la prima riunione del consiglio dei ministri ombra?
«Mi sentivo come se fossi stato ad un prestigioso convegno internazionale. Il livello delle personalità è elevatissimo».
Non c’è un po’ di furbizia mediatica e di mancanza di rispetto del rituale istituzionale, a presentare, a tre giorni dal voto, i ministri al Quirinale?
«È la prima volta che una forza politica presenta la squadra di governo agli elettori prima del voto. Penso sia fantastico. Non abbiamo violato nessun rituale istituzionale, il Quirinale è stato semplicemente informato e l’indipendenza politica di Mattarella è rimasta ovviamente intatta».