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 2018  febbraio 27 Martedì calendario

Se la moda si ispira ai cardinali

Chiamatele sacre sfilate, quando la moda ruba ispirazione dal guardaroba di papi e cardinali. Il profano che cerca il mistero nel sacro. E poi c’è il sacro che cerca l’illusione del profano, forgiando abiti opulenti per le proprie cerimonie. Un patto tra diavolo e acqua santa? Certamente un dialogo, neanche troppo guardingo tra mondi solo apparentemente distanti.
Come illustrerà dal 7 maggio la mostra al Costume Institute del Metropolitan di New York dal titolo Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination. D’altronde nella chiesa come nella società l’abito distingue le gerarchie. Impossibile fraintendere il ruolo di Anna Wintour sacerdotessa della moda, fasciata in un lungo cappotto cardinalizio, ieri a Roma per il lancio dell’esibizione del Met.
E se Dolce e Gabbana hanno portato pochi giorni fa in passerella a Milano la «fashion devotion», c’è stato chi ben prima di loro ha teso il filo tra i due mondi. Il Signore disse a Mosè: «Farai per Aronne, tuo fratello, abiti sacri, che esprimano gloria e maestà. Tu parlerai a tutti gli artigiani più esperti, ai quali io ho dato uno spirito di saggezza, ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione e per l’esercizio del sacerdozio in mio onore» (Esodo 25,1;28, 1-3).
D’altronde «l’uomo è ciò che veste», come ha detto il cardinal Gianfranco Ravasi, parafrasando il materialista Ludwig Feuerbach. E anche un prete evidentemente lo è. Santa vanità: il piviale di Benedetto XV è in seta bianca, ricamato con filo metallico d’oro, lamé e lustrini d’oro. Le sottane bianche del Beato Papa Innocenzo XI (1676-1689). Fino alle scarpette rosse che i papi dal 1200 hanno indossato appena eletti.
Il mondo terreno e quello spirituale che si rincorrono, alla ricerca del bello e di una contaminazione, un viaggio antico in cui abbiamo visto grandi maestri dell’arte come Bernini, Borromini, Piero da Cortona forgiare abiti talari. E dunque come non capire la tentazione degli stilisti moderni di frugare nei sacri guardaroba alla ricerca di ispirazione? Ieri alla presentazione della mostra del Met c’era Donatella Versace e il pensiero va alle croci bizantine «rubate» ai mosaici di Ravenna fatte ricamare sugli abiti di cuoio neri dal fratello Gianni. Ma faremmo prima a nominare gli stilisti che non hanno mai cercato conforto creativo nell’iconografia sacra, soprattutto quella cattolica.
L’abito con le chiavi del cielo ricamate di Elsa Schiapparelli. L’angelo d’oro di Roberto Capucci, la cappa magna di Valentino disegnata da Pierpaolo Piccioli. I dettagli bizantini e i tagli degli abiti di chiara ispirazione clericale di Alexander McQueen. Fino ad oggi con Dolce e Gabbana e il loro «sacro cuore». «Santa Moda, ora pro nobis», dicono le loro magliette e i tubini. Eresia o omaggio? Lo spiega Ravasi: «Le passerelle a volte dissacrano per il gusto della provocazione ma questo è comunque un segnale profondo del bisogno di sacro che c’è nel mondo». Un’assoluzione senza penitenza. Il «diavolo» che veste Prada, Anna Wintour, ringrazia.