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 2018  febbraio 27 Martedì calendario

Un pugno di cellule capaci di tutto

Quando Donnall Thomas, negli anni ‘ 50, cominciò una serie di esperimenti che portarono all’impiego del trapianto di midollo osseo per trattare le leucemie, nemmeno sapeva che a curare erano le staminali che conteneva. Negli anni ‘ 80, Howard Green fu il primo a crescere in laboratorio cellule umane della pelle per uso terapeutico, salvando la vita a due bambini gravemente ustionati. Il giro di boa però lo compì James Thomson nel 1998 quando riuscì a isolare le staminali embrionali dalla blastocisti ( uno dei primi stadi dello sviluppo embrionale) sovrannumeraria e a portarle in un piattino di coltura. Per la prima volta si aveva a disposizione una staminale che “assolveva” ai requisiti desiderati, cioè la sua propagabilità in vitro in modo omogeneo, con le cellule figlie uguali alla madre, e la sua capacità di generare cellule specializzate. Su quel pugno di 40 cellule, subito trasformate in una fonte rinnovabile di miliardi di cellule stabili, si accendevano i fari della conoscenza e della speranza. Non v’è terapia rigenerativa che prescinda dalla comprensione della biologia delle staminali che impiega. E nonostante alcune critiche bioetiche, irrilevanti per altri studiosi – tra i quali chi scrive – la solidità biologica delle embrionali e la loro capacità differenziativa sono state vincenti. Nel 2007 sono poi arrivate le staminali pluripotenti indotte, ottenute riprogrammando i fibroblasti della pelle. Sono cellule che vogliono mimare la straordinarietà di quelle embrionali (distorta da chi le presenta al pubblico come “inutili” o “non etiche”).
E sono arrivate anche le prime approvazioni per l’uso dei loro derivati in clinica. Nel 2010 la Advanced Cell Technology riceveva l’approvazione all’impianto di epitelio pigmentato retinico ottenuto dalle embrionali in pazienti con degenerazione della macula. Dal 2012 in poi i risultati mostrano una efficacia del trapianto nel migliorare la visione. In Europa è Peter Coffey a guidare il London Project con il primo impianto nel 2015. E vi sono studi in corso di produzione di cellule pancreatiche secernenti insulina per applicazioni nel diabete.
Ma – per la sua complessità – la cartina di tornasole della medicina rigenerativa è il Parkinson. Nel 2011, un gruppo americano e uno svedese partendo dalle embrionali ottengono neuroni dopaminergici autentici, ( quasi) uguali a quelli che degenerano nel Parkinson. Dopo il loro trapianto nei modelli animali, già in passato determinanti per sviluppare farmaci, si dimostrano capaci di differenziare, sopravvivere, rilasciare dopamina, indurre un recupero comportamentale nell’animale con Parkinson, e anche generare connessioni con le cellule endogene dell’animale, suggerendo che possano riparare circuiti cerebrali lesi nell’uomo. Tali studi, pubblicati, replicati e verificati da laboratori indipendenti, sono ora analizzati dagli enti regolatori che, per escludere eventuale “tossicità”, hanno richiesto ulteriori trapianti in 600 topi, un centinaio di ratti e alcune scimmie.
Ma i risultati con staminali, oggi già realtà terapeutica, specie per le malattie rare, sono tutti made in Italy. É italiano Holoclar, la prima terapia a base di staminali adulte ottenute dal limbo dell’occhio approvata nel 2015 per la rigenerazione della cornea ustionata. Dieci anni dopo il trapianto il recupero della visione è stabile. Vi è poi Strimvelis, approvata dall’Ema nel 2016: è la prima terapia genica ex-vivo con staminali ematopoietiche sviluppata da Luigi Naldini e Alessandro Aiuti al Tiget- San Raffaele di Milano, un colosso della terapia genica nel mondo, per pazienti affetti da una grave immunodeficienza di origine genetica. Nel 2017 gli stessi ricercatori di Holoclar, Graziella Pellegrini e Michele De Luca dell’Università di Modena e Reggio Emilia conquistano un altro traguardo. Partendo da 2 cm di pelle di un bambino affetto da epidermolisi bollosa, Hassan, ottengono milioni di staminali che poi correggono geneticamente inducendole a formare in laboratorio foglietti di pelle che reimpiantano, “ricostruendogli” 85 cmq di pelle persa. In quella nuova pelle ci sono anche staminali, che continuano a rifare pelle. Ora il piccolo gioca a pallone e va a scuola mentre nel nostro Paese continua a crescere un pezzo rilevante del futuro della medicina rigenerativa. A noi tutti l’onere di valorizzarne competenze e competitività, oltre alla solidità di quella medicina che vuole prima ben capire per poi meglio curare.