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 2018  febbraio 27 Martedì calendario

Non è musica per vecchi. I nuovi artisti italiani spaccano le generazioni

Doveva succedere, volevamo che succedesse, e alla fine sta succedendo.
Come d’incanto la scena della musica italiana si sta popolando di facce nuove, strane, irridenti, grottesche, divertenti. È una spudorata e dissestata armata che sta spaccando le generazioni, roba per “figli” e quasi mai per “grandi”, com’è giusto che sia.
Sono giovani artisti che parlano una lingua originale e sincera, non badano alle convenzioni, vivono l’euforia di nuove strade che si sono spalancate a chi inizia ora a fare il mestiere di musicista, ma sono loro a conquistare classifiche, streaming, visualizzazioni. E vanno veloci, tanto veloci da far sembrare i vari Calcutta, Brunori Sas, Thegiornalisti, Coez, Motta, come fossero già assodati, dei padri, o meglio dei fratelli maggiori che stanno dettando le regole del nuovo mainstream.
Vanno veloci tra stralci di rap e mescolanze eterodosse, si chiamano Dark Polo Gang, Carl Brave e Franco 126, Sfera Ebbasta, Rkomi, Canova, Siberia, Frah Quintale, per citarne solo alcuni, sono un piccolo esercito e premono perché il tanto discusso e atteso ricambio generazionale diventi finalmente reale. E infatti se per baglio uno di loro, come è successo a Lo Stato Sociale, arriva sul palco di Sanremo, fa la differenza. E non mancano le eccellenze. Cosmo è già un piccolo grande faro di evoluzione stilistica. Il suo modo di adattare versi a modernissimi scenari elettronici è magnifico, e nel suo ultimo album è arrivato a campionare in un pezzo, Animali, il coro delle lavandaie della Gatta Cenerentola, un colpo di genio. C’è perfino un invisibile, un mistero della nuova scena che si fa chiamare Liberato, che verosimilmente viene da Napoli, o chissà da dove. Altri trovano strade di rete per arrivare alla gente, scavalcando canali tradizionali, senza promozione televisiva e radiofonica. Hanno volti diversi, indipendenti, sembrano andare ognuno per suo conto, ma almeno una cosa in comune ce l’hanno: il disincanto, è quello e solo quello a unirli tutti. Si rifanno più o meno alla canzone d’autore, ma quello che fa la differenza è che per la prima volta lo fanno senza alcun timore reverenziale, taglienti, ironici, sfacciati, giocano con i banali giri di Do degli anni Sessanta, con la dance, e se fanno rap sanno parlare le frammentate lingue che si parlano nel mondo reale.
Sono talmente veri da portare di fronte a tutti anche quello che molti non vogliono vedere.
Una delle canzoni che meglio raccontano il nuovo corso è Cara Italia, quasi un manifesto, e senza neanche volerlo.
A cantarlo è Ghali, un ragazzo di seconda generazione. È un fenomeno, e si sente talmente italiano da cantare: “Ma che politica è questa, che differenza c’è tra sinistra e destra… io mi sento fortunato alla fine del giorno… oeoh, quando mi dicono a casa, oeoh rispondo sono già qua”.