la Repubblica, 27 febbraio 2018
Un falco alla Bce La partita italiana contro Weidmann
ROMA La necessità che dalle urne esca un governo che governi si impone anche guardando il complesso scacchiere europeo. Oltre alla questione della nuova governance, alla sorte del fiscal compact e al completamento dell’unione bancaria sulle pianure europee, spazzate in questi giorni dal vento gelido, si agita la partita del dopo-Draghi.
Tutti sanno che in Germania c’è attesa, soprattutto da parte dei media, per l’arrivo di un candidato tedesco sulla poltrona di Francoforte e tutti sanno che il candidato Jens Weidmann è l’anti-Draghi per definizione.
Tra i due non corre buon sangue e l’attuale presidente della Bundesbank ha sempre votato contro le misure di quantitative easing, contro il taglio dei tassi della Bce e ha persino testimoniato di fronte alla Corte costituzionale di Karlsruhe contro le Omt, le prime operazioni di “allentamento” della Bce.
Non è escluso che Weidmann possa sedere dall’autunno del prossimo anno alla guida della Banca centrale europea, ma la partita è assolutamente aperta.
Per fortuna, si direbbe, perché la chiusura repentina dell’ombrello e l’idea – come ha detto Weidmann in un forum milanese pochi giorni fa – che la Bce non deve preoccuparsi dei problemi dell’Italia autorizzano la diffidenza di Roma. L’opinione di autorevoli osservatori, addetti ai lavori e protagonisti delle vicende europee è che – fortunatamente – la nomina di Weidmann non è dietro l’angolo.
Per alcune questioni: la prima è che la stessa Merkel non avrebbe nessun vantaggio a forzare la mano, anche se i tedeschi dalla nascita della Bce non hanno mai avuto accesso alla poltrona numero uno di Francoforte; la seconda è che Weidmann con le sue posizioni da falco si è esposto all’accusa di scarsa fedeltà nei confronti dell’Istituzione di cui fa parte.
Secondo alcuni osservatori la nomina dello spagnolo Luis de Guindos a vice presidente della Bce, avrebbe già chiuso i giochi in virtù di una intesa ispano-tedesca. Tuttavia altri autorevoli osservatori fanno notare che de Guindos non è stato nominato per aprire la strada a Weidmann ma solo perché Parigi e Berlino considerano la Spagna un partner forte e autorevole e perché la Spagna è assente da sei anni dal Comitato esecutivo di Francoforte.
Del resto chi segue da vicino le vicende di Grossmarkthalle, il vecchio mercato sul quale sorge la nuova sede della Bce, osserva che non c’è stata mai una correlazione tra presidente e vice presidente nella storia della banca centrale europea: si sono susseguite Olanda-Francia, Francia-Grecia, Italia-Portogallo e così via.
Se le posizioni sullo scacchiere europeo sono più articolate di quanto si pensi comunemente, è assolutamente necessario per l’Italia impostare una strategia.
La carne al fuoco nel Cencelli europeo non manca: si comincia con la nomina alla fine di quest’anno del sostituto alla guida della vigilanza bancaria della Danièle Nouy, si passa per le elezioni europee del prossimo anno e per la designazione della nuova Commissione per la quale si fa, tra gli altri, il nome di Christine Lagarde. A ridurre le chances tedesche contribuisce anche la recente nomina alla segreteria generale della Commissione di Bruxelles del potente Martin Selmayr, tedesco, già capo di gabinetto di Juncker. Una accorta e rapida strategia consentirebbe all’Italia di non ritrovarsi un nemico a Francoforte.