la Repubblica, 27 febbraio 2018
Brexit, Corbyn dà scacco a May e fa vacillare il governo
LONDRA Jeremy Corbyn fa la mossa sulla Brexit che molti gli chiedevano e dà scacco a Theresa May. È ancora presto per dire se sia scacco matto: certo mette in grave difficoltà la premier e apre nuovi scenari nei futuri rapporti fra Gran Bretagna e Unione Europea. In un discorso ieri a Coventry, il leader laburista esce dalla vaghezza di posizioni che aveva tenuto sin qui sull’argomento, affermando che il suo partito è a favore della permanenza del Regno Unito «in un’unione doganale». Si tratta del secondo anello concentrico attorno alla Ue. Sul primo sono collocate grosso modo la Norvegia e (con qualche differenziazione) la Svizzera: fuori dall’Unione ma dentro il mercato comune, dunque con libertà di immigrazione. Sul secondo c’è la Turchia: niente dazi sull’import-export, senza obblighi sulla libertà di movimento. Il prezzo è che non è possibile firmare accordi commerciali autonomi con altri Paesi. «Ma un accordo con Usa o Cina non ci compenserebbe della perdita del libero commercio con l’Europa», dice Corbyn. Aggiunge che tutti i Paesi del continente che non sono nella Unione Europea, e cita specificatamente «Norvegia, Svizzera, Turchia», hanno una «stretta associazione» con la Ue, sostenendo di volerne una simile per Londra: «L’economia nazionale e i posti di lavoro sono più importanti di target fasulli sull’immigrazione». Infine avverte che l’unione doganale è la precondizione minima per mantenere aperta la frontiera fra Irlanda del Nord britannica e repubblica d’Irlanda, ovvero per salvaguardare la pace a Belfast. La Confindustria britannica lo elogia. L’ex ministro del Tesoro conservatore George Osborne osserva che il fanatismo brexitiano dei Tories gli ha permesso di segnare «un gol a porta vuota». Uno dei presenti al discorso si alza e chiede: «Quanto dovremo ancora aspettare prima che lei diventi primo ministro?» Corbyn ride. Ma la risposta sarebbe: forse non tanto. Se una decina di deputati conservatori europeisti voteranno con il Labour sull’unione doganale, il governo May andrebbe in minoranza. Per evitarlo, la premier potrebbe porre la fiducia: ma in tal caso, se perdesse, dovrebbe dimettersi. I giornali della destra accusano il capo del Labour di avere “tradito la Brexit”. Quasi tutti gli altri, a partire da un commentatore imparziale come il Financial Times, riconoscono tuttavia che ha fatto una mossa da maestro: uno dei laburisti più di sinistra della storia che riesce ad apparire più pro-business del partito conservatore. Elezioni anticipate, Corbyn premier, negoziati da rifare con Bruxelles: a questo punto tutto è possibile.