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 2018  febbraio 27 Martedì calendario

Camus e l’amore ai tempi della peste

Lei diventerà una grande attrice, lui è già uno scrittore noto. Il primo incontro avviene nella Parigi occupata dai tedeschi, il 19 marzo 1944, quando lei, Maria Casarès, ha ventidue anni, e lui, Albert Camus, trentuno. Nel suo appartamento parigino di Quai des Grands-Augustins, affacciato sulla Senna, Michel Leiris, l’etnologo e poeta, ha invitato gli amici perché partecipino, ognuno con un ruolo, alla lettura di un testo teatrale, una farsa surrealista, di Pablo Picasso: Le desir attrapé par la queue (“Il desiderio acciuffato per la coda”).
Appeso a una parete, durante la riunione, c’è il ritratto di Max Jacob fatto da Picasso, grande amico del poeta e pittore morto alcuni giorni prima nel campo di concentramento di Drancy, dove attendeva di essere deportato a Auschwitz. L’animatore della riunione è Albert Camus: autore di teatro – Il Mito di Sisifo è già stato rappresentato – e di romanzi – Lo straniero è da due anni con successo nelle librerie. Gli interpreti-lettori del testo di Picasso sono Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Jacques Lacan, Raymond Queneau, Pierre Reverdy, Georges Bataille, Jean-Louis Barrault, Madeleine Renaud. Insomma, quella sera ci sono la letteratura e il teatro parigini che, nonostante la Francia sia occupata dai nazisti e sottoposta alla censura, non hanno mai cessato di produrre libri e commedie. Le mosche di Sartre è stata rappresentata nel ’42, lo stesso anno in cui è stato pubblicato il saggio filosofico L’essere e il nulla. Albert Camus è emerso dall’ Algeria natale e quel giorno di marzo ha con sé il testo di Le malentendu, una commedia destinata al Teatro dei Mathurins nei prossimi mesi. Molti dei presenti hanno rapporti più o meno diretti con la Resistenza.
Camus scrive per il giornale clandestino Combat, del quale diventerà il redattore capo poche settimane dopo, nella Parigi liberata.
Sua moglie, Francine Faure, una brava pianista e matematica, è rimasta in Algeria, dove sono sbarcati gli americani. Non può raggiungere il marito nella Parigi in mano ai nazisti. Albert Camus non spezzerà mai il legame matrimoniale con lei, non abbandonerà la famiglia, ma questo non gli impedirà di essere un infaticabile homme à femmes. Ne aveva la fama da vivo ed è rimasta nel ricordo postumo. Era una vocazione, diranno gli amici. Una vocazione assecondata dalle donne che gradivano la sua compagnia.
Nella notte parigina di marzo il giovane scrittore non è sfuggito all’ attenzione di Maria Casarès. Né Maria Casarès è sfuggita a quella di Albert Camus. Prima di congedarsi lui le chiede di interpretare il ruolo principale in Le malentendu. Maria era di una bellezza singolare. Nata alla Coru?a, in Galizia, era la figlia di Santiago Casares Quiroga, presidente del consiglio nella Repubblica spagnola, esiliatosi in Francia nel ’36, durante la guerra civile. Maria era già un’attrice affermata a Parigi e non solo in teatro: Marcel Carné le aveva chiesto di partecipare a Les enfants du paradis e Robert Bresson a Les dames du Bois de Boulogne.
Con i suoi grandi occhi verdi osserva Camus e pensa che sia un attore. Soltanto quando lo sente leggere il testo della sua nuova commedia si accorge che è troppo esitante nel recitare, troppo prigioniero delle parole che pronuncia, per essere un compagno d’ arte. La colpisce invece il forte carattere. Sono le impressioni del primo incontro.
Due mesi e mezzo dopo l’ attrice e lo scrittore cominciano il romanzo epistolare ( Correspondance 1944- 1959, 1.266 pagine, Gallimard) che a noi, degradati alle corrispondenze dell’ era informatica ( balbettanti e-mail sul computer e telegrafici sms sui cellulari), ci sembrano pagine di letteratura. E lo sono.
Tra Maria Casarès e Albert Camus scorre per quindici anni un fiume di parole e di sentimenti. Lei li definirà quelli di «un padre, un fratello, un amico, un amante, a volte di un figlio». Il rapporto cambia natura nelle 856 lettere, telegrammi, messaggi, tra il giugno ’44 e il dicembre ’59. A riesumare dopo più di mezzo secolo la storia d’ amore, di cui la corrispondenza è l’appassionato diario, è stata Catherine Camus, figlia di Francine e di Albert. Da Francine, la moglie, Albert ha avuto due gemelli, Catherine e Jean, mai abbandonati, nonostante la costellazione di donne che l’avvolge, e in cui Maria figura come “l’unica”. Se Catherine ha deciso di pubblicare le lettere del padre e dell’amante, quando erano morti entrambi, è perché hanno un valore letterario. Maria Casarès ha conservato la corrispondenza di Camus e l’ha consegnata a Catherine della quale, mancata Francine, la madre, era diventata amica.
Il 5 giugno del ’44, a tre settimane dalla prova generale di Le malentendu, Camus accompagna Maria Casarès in rue de la Tour d’Auvergne dove il regista Charles Dullin riunisce gli amici di Sartre e di Beauvoir. In La force de l’ age Beauvoir descriverà così Maria Casarèsquella sera: «Indossava un abito di Rochas a strisce violettes e mauves e aveva i capelli tirati indietro e raccolti sulla nuca; un riso un po’ stridente scopriva a tratti i denti bianchi, era molto bella».
Lui, Camus, abita rue Vaneau, in un appartamento affittatogli da André Gide: ed è là che, uscendo un po’ brilla dalla casa di Charles Dullin, la coppia si dirige in bicicletta, Maria seduta sul manubrio. Così comincia la storia tra l’ attrice e lo scrittore, nelle ore in cui la flotta anglo- americana si avvicina alla costa normanna, dove sbarca il 6 giugno. Il rapporto si interrompe però molto presto.
Nell’ attesa che Parigi sia liberata Camus si rifugia dal filosofo Brice Parain a Verdelot, nella Senna e Marna per sfuggire alla polizia collaborazionista francese che ha scoperto la sua attività clandestina. Da quel luogo di campagna, dove cura anche la tubercolosi di cui soffrirà tutta la vita, chiede invano a Maria di raggiungerlo. E in ottobre quando Francine, la moglie, può infine lasciare Orano e raggiungere Parigi liberata, Maria interrompe bruscamente ogni rapporto.
«Da qualsiasi parte mi giro vedo solo la notte… Senza di te non ho più la mia forza. Credo di avere voglia di morire», scrive Albert Camus all’ attrice. Ma la rottura, per volontà di lei, dura quattro anni. Nel frattempo lui continua a scrivere. La peste esce nel ’47. Dieci anni dopo contribuirà a fargli avere il Nobel. Gli amanti si ritrovano il 6 giugno del ’48. Si incontrano per caso in Boulevard Saint Germain a Parigi e il loro rapporto riprende per sempre, fino a quando, il 4 gennaio 1960, lui muore in un incidente d’auto. La Facel Vega guidata da Michel Gallimard, sulla quale viaggia, si schianta contro un platano, a Sud di Fontainebleau. In tasca Albert Camus ha il manoscritto del romanzo, Il primo uomo, che sta scrivendo e così resta incompiuto. Il 30 dicembre ha spedito due lettere: una a Maria Casarès, l’amante “unica”, e una a Catherine Sellers, un’altra celebre attrice sua amante del momento.
Alle due donne dice che è “l’ultima lettera”, riferendosi all’anno che finisce ed anche al suo imminente arrivo a Parigi. A Maria e a Cathherine propone un appuntamento martedì, lo stesso giorno. Le due lettere saranno le ultime della sua vita.
Nel Primo uomo Camus, alias Jacques Cormery, parte alla ricerca del padre morto in guerra nel 1914.
È un’ autobiografia interrotta dalla morte in cui la figura della madre, Catherine, nata Sintes, occupa un posto particolare. Camus l’ adora. È la donna che ha amato di più. È una spagnola, semisorda e analfabeta, che, rimasta vedova del marito operaio, sopravvive e mantiene la famiglia facendo la donna di servizio. Camus ha il culto della madre. La descrive intenta a fare il bucato o a lavare i pavimenti. La trova bella, sensibile, generosa, e occuperà sempre un posto privilegiato. Il suo ricordo sarà all’origine del rispetto con cui tratta le donne che lo accompagnano, che lo circondano, che incontra nei teatri, sua grande passione fin da giovane, quando è un giornalista e per un breve periodo un comunista militante in Algeria, e già creatore di spettacoli. Dopo la fase passionale del nuovo incontro, quattro anni dopo la rottura, Albert Camus e Maria Casarès stentano, faticano a vivere «un amore tanto lacerato e al tempo stesso imposto». Lei non nasconde la sofferenza che le infliggono le sue menzogne. Ha sognato una vita con lui e le costa rinunciarvi. Lui descrive a volte la sua vita di famiglia, la neurastenia della moglie e dei figli. Per quindici anni lei gli fa una cronaca accurata della vita teatrale, comprese le indiscrezioni sui compagni di lavoro. I momenti di depressione si alternano. I due amanti si rincuorano a vicenda. Sono spesso separati, in giro per il mondo, lei nei teatri di vari continenti, lui nei luoghi in cui può curare la tubercolosi. Lui le consiglia le letture: Tolstoj, la corrispondenza di Dostoevskij, Steinbeck, Il negro del Narciso di Conrad, Le memorie del cardinale di Retz … Camus si abbandona a confidenze sulle angosce, sui dubbi che contraddicono la sua immagine pubblica e la retorica dei suoi testi politici. Il romanzo epistolare rivela un Camus che non sacrifica la famiglia né attenua la passione per la sua opera letteraria né rinuncia alle tante relazioni femminili che ritmano la sua esistenza, nonostante l’ amore “unico” per Maria Casares. Lei, diventata una delle più grandi attrici francesi dell’ epoca, vive il rapporto con maggior chiarezza, apertamente, senza dissimulare la gelosia che sa dominare con una generosa, sofferta comprensione.