Corriere della Sera, 27 febbraio 2018
Mostrocrazia
L’incredibile decisione della neve di scendere in inverno su Roma senza richiedere preventiva autorizzazione all’autorità competente ha prodotto qualche piccolo inghippo nella macchina solitamente impeccabile dei trasporti. Code da esodo biblico in aeroporti e stazioni, tabelloni di arrivi e partenze decrittabili solo da un esperto di scrittura sumera, passeggeri accampati intorno ai bivacchi di hamburger, in attesa del nulla. Gli italiani hanno maturato una sensibilità zen nell’affrontare i disagi. E sarebbero disposti a perdonare i dispetti della natura, se a essi non si aggiungessero quelli della burocrazia. Nei loro appassionati messaggi, i lettori raccontano di conversazioni surreali con il personale. Ore di attesa per sentirsi dire che il viaggio era cancellato e che per prendere il biglietto del successivo bisognava mettersi in coda da un’altra parte.
Possibile che nessun Bill Gates abbia ancora inventato un programma che consenta allo stesso operatore di fare due operazioni diverse? Naturalmente sì. Ma ogni burocrazia prolifera sullo sminuzzamento delle competenze, che dà un senso alla sua struttura pletorica, anche se il prezzo da pagare è la paralisi. L’impiegato, persino quello attraversato da scariche periodiche di umanità, ha il terrore di uscire dal proprio perimetro. E la paura di inimicarsi i suoi superiori lo porta a infierire sui clienti, che in fondo sono solo coloro che gli pagano lo stipendio.