il Giornale, 26 febbraio 2018
Il test dopo 50 anni. E fa causa al padre
Il Dna non dà la felicità, ma magari può dare un po’ di ricchezza. È amarissima la storia raccontata dal Resto del Carlino, quasi un romanzo di appendice di fine Ottocento. Un giudice, basandosi sull’esame dell’acido desossiribonucleico, ha stabilito che una donna di 56 anni è figlia di quell’uomo che lei ha sempre saputo essere suo padre. La sentenza è arrivata cinquant’anni dopo quella confidenza fattale dalla madre: mezzo secolo che sarebbe potuto essere di benessere e tranquillità per la bimba poi diventata ragazza poi diventata donna, perché il papà negato è un imprenditore facoltoso. E che invece è stato mezzo secolo di sacrifici e privazioni. Ma gli ultimi capitoli della sua vita la donna potrebbe viverli con il sorriso sulle labbra, anche se un sorriso amaro: ha chiesto al papà ritrovato quattro milioni di euro, il risarcimento per quello che non è stato e non potrà mai più essere.
Una storia quasi incredibile se non fosse che la vita è incredibile. Lui rampollo di una famiglia di imprenditori, lei sedicenne di famiglia men che modesta. Una relazione segreta, una maternità non voluta ma comunque accettata, lui che continua a far visita alla ragazza anche durante la gravidanza. Poi il parto, lui che non riconosce la bambina e lei che spera per anni che cambi idea. Tutto questo fin quando la madre diventa maggiorenne. A quel punto il giovane riccastro sparisce dalla vita della giovane. E anche della figlia-non figlia.
Passano gli anni. Mamma e figlia vivono di stenti, abitano in una «casupola prefabbricata in legno, priva di allacci, senza riscaldamento e servizi interni», come si legge nella citazione. A sei anni la mamma vede l’uomo e lo indica alla figlia: «Vedi? Quello lì e il tuo papà». Nel frattempo la donna si sposa e la piccola prende il cognome del «nuovo» padre. A 16 anni però le vien voglia di conoscere quello che sa essere suo padre. Si presenta in un hotel di proprietà della famiglia dell’uomo, si procura un numero di telefono, lo compone e parla finalmente con suo padre. Concorda un incontro, lui si presenta assieme alla moglie e l’incontro è frustrante e inutile. Un po’ di speranza si accende quando il padre si presenta da lei al lavoro per darle alcuni regali, ma poi scompare di nuovo. La giovane sembra rassegnarsi ai capricci di quel genitore pavido. Ma gli anni passano, la vita non regala molte gioie alla donna, che pochi anni fa decide di presentare il conto all’uomo. Ottiene il disconoscimento della paternità del marito della madre e, nel 2012 chiede la confermare la paternità biologica. Il responso del perito sul Dna è quasi una sentenza: la probabilità è quasi del 100 per cento. La donna prende il cognome del vero padre e gli chiede il conto: quattro milioni. Per una vita di sofferenze da una parte e di fughe dall’altra, nemmeno tanto.