la Repubblica, 26 febbraio 2018
Jersey, l’isola del tesoro che vuole il calcio vero
Una piccola isola nascosta nella Manica, a 20 chilometri dalla Francia e 300 da Londra, è l’ottavo posto del mondo per Pil pro capite, e non certo per l’esportazione delle famose vacche da latte. Jersey è un centro finanziario offshore, dove i facoltosi uomini della City spostano le ricchezze con un’aliquota concordata e senza domande invadenti. Oggi, questo spigolo da centomila abitanti, grande la metà dell’Elba, gioca i tempi supplementari di una partita impossibile al Congresso dell’Uefa, a Bratislava: diventare il 56° Paese membro dell’Europa del calcio.
La domanda di ammissione è stata presentata per la prima volta a dicembre 2015 ed è stata bocciata dal Comitato esecutivo. L’isola ha fatto ricorso al Tas di Losanna, lo stesso che ordinò l’ammissione di Gibilterra e che stavolta si è limitato a stabilire che la decisione finale dev’essere presa dal congresso plenario. Serve la maggioranza assoluta, 28 voti su 55, ed è la missione per cui il presidente della Jersey Football Association Phil Austin e il direttore esecutivo Neville Davidson sono volati in Slovacchia. Prima della votazione terranno una presentazione della loro candidatura. C’è un ostacolo quasi insormontabile: l’articolo 5 dello statuto Uefa ammette i territori che siano riconosciuti come stati indipendenti dalla maggioranza dei membri dell’Onu. Jersey è una dipendenza della Corona britannica, sul piano giuridico è un baliato: non ha mai fatto parte dell’Ue, il governo locale articolato in dodici parrocchie risponde direttamente alla regina Elisabetta. Il calcio qui ha più di un secolo di vita, la federazione è nata nel 1905, ci sono più di 2200 calciatori coinvolti e 500 volontari impiegati. In certi campionati, si affrontano le stesse squadre praticamente una settimana sì e una no. Il giocatore più famoso, Greame Le Saux, è stato ala di Chelsea, Blackburn, Southampton e dell’Inghilterra, e ha vestito anche la maglia della sua nazionale non riconosciuta. «Abbiamo un centro d’eccellenza per ragazzi, un centro di formazione per ragazze, 17 club senior. Quello che ci manca è poter partecipare alle competizioni ufficiali fuori dall’isola – dice alla Reuters il presidente Austin -. Capisco che le grandi nazionali non abbiano interesse a giocare contro di noi, ma se fossimo nella Nations League potremmo confrontarci con Andorra, San Marino, Gibilterra, Malta, Liechtenstein».
Se il cricket è già riconosciuto sul piano internazionale ( la nazionale di Jersey un anno fa ha vinto un girone con Vanuatu, Ghana e Germania), l’obiettivo è di fare del calcio lo sport nazionale, per tutti e a qualunque età. Fra le varianti su cui investe la federazione c’è pure il calcio camminato: una sessione costa tre sterline, e non sgualcisce la giacca ai businessmen.