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 2018  febbraio 26 Lunedì calendario

«I miei familiari venduti ai narcos dai poliziotti per 43 euro». Intervista a Francesco Russo

NAPOLI Venduti dalla polizia locale a una banda di mafiosi dello stato di Jalisco per una manciata di euro, 43 secondo Francesco Russo, rientrato in gran fretta a casa, in un rione popolare di Napoli, dopo avere trascorso alcuni giorni in Messico. Suo padre, Raffaele Russo di 60 anni, suo fratello Antonio di 25 anni e il cugino Vincenzo Cimmino, 29 anni, sono scomparsi il 31 gennaio e sabato scorso si è celebrato il processo per direttissima a quattro poliziotti tra cui una donna, tutti di Tecalitlan, mentre sono latitanti i due dirigenti municipali che avrebbero organizzato la consegna dei tre italiani al cartello mafioso Jalisco Nueva Generacion.
Francesco Russo, lei perché ha deciso di rientrare in gran fretta in Italia?
«Perché non mi sentivo affatto tutelato».
Che aria si respira in quella provincia del Messico?
«Pessima. In Messico sono macellai».
Ci sono ancora altri vostri parenti in zona?
«Non posso fare i nomi. Rischiano la vita».
Si parla sempre della criminalità napoletana, delle baby gang e lei che viene da un quartiere popolare della città è fuggito dal Messico per salvare la pelle?
«Lì è molto peggio. Molto. Non c’è paragone con Napoli».
Perché lei parla con certezza della cifra complessiva di 43 euro, 14 circa a testa, pagata per farsi consegnare dalla polizia i suoi tre parenti?
«È stato detto dai poliziotti durante il processo. Me lo hanno riferito alcuni nostri parenti che hanno assistito all’udienza. Ma, la prego, non mi chieda i loro nomi».
Secondo le autorità messicane suo padre, Raffaele, avrebbe utilizzato una falsa identità e si sarebbe registrato in alcuni hotel sotto il nome di Carlos Lopez. Lo sapeva?
«È impossibile. È falso. Mio padre è andato in Messico con passaporto italiano e patente italiana. Non ha altri documenti.
Non si è procurato altri documenti».
Ne è certo?
«Senza alcun dubbio».
Fonti messicane vicine alle indagini riferiscono, inoltre, che suo padre aveva precedenti per frode e si dedicava alla vendita di generatori elettrici fabbricati in Cina ma spacciati per tedeschi.
«Anche queste notizie sono false.
Mio padre è incensurato, è un venditore ambulante. Un magliaro, si direbbe a Napoli. Non è stato neanche un’ora in carcere. Aveva una regolare attività commerciale da ambulante. E lavorava con regolari documenti italiani».
Dal Messico trapela anche che Raffaele Russo nel 2015 sia stato arrestato per frode e corruzione nello stato di Campeche e che alla fine del 2017 era impegnato in affari nello stato di Michoacan.
Anche questo non le risulta?
«Mio padre fu fermato a Campeche, portato in caserma dove pagò una cauzione, e rimesso rapidamente in libertà.
Mio padre è incensurato. Non è mai stato arrestato. Ha la fedina penale pulitissima. Ma voglio aggiungere una cosa. Se anche fosse un secondo Raffaele Cutolo, questo sarebbe un motivo per farlo marcire in mano alla mafia messicana? Mi consente di fare un appello?».
Cioè?
«Le autorità italiane ci hanno abbandonato. La Farnesina dice che sta facendo il possibile e noi ci crediamo. Io sono stato anche ascoltato dalla Procura di Roma, come persona informata, nella questura di Napoli in via Medina.
Va tutto bene, ma a noi familiari serve in queste ore un aiuto politico».
Cosa intende dire ?
«Serve qualcuno che risolva il caso a livello diplomatico. I colpevoli hanno confessato il reato. I quattro poliziotti in aula hanno detto di aver consegnato le tre persone a uomini in un auto. E noi qui siamo abbandonati. Una vergogna. Parliamo di tre esseri umani. Dov’è il sindaco de Magistris? Dov’è il napoletano Luigi Di Maio? Dov’è Silvio Berlusconi? Ci hanno abbandonato tutti».