la Repubblica, 24 febbraio 2018
Sordi-Kissinger un sosia americano (ritrovato) a Roma
Che Alberto Sordi somigliasse a Henry Kissinger, in Italia lo notavano in molti. Ci insiste anche Oriana Fallaci in un ritratto del segretario di Stato, a metà anni Settanta, notando anche un altro tratto comune dei due: una certa diffidenza, un terrore quasi, nei confronti delle donne. In realtà, quando Fallaci scrive, già circola la notizia che Sordi interpreterà Kissinger al cinema in un film comico, Il mio caro Henry (o, secondo altre fonti, Il nostro amico Henry o Il nostro caro Henry). Il progetto verrà abbandonato l’anno dopo, ma un’ampia documentazione si trovava nell’archivio personale di Sordi, nella casa di via Druso, insieme agli altri materiali che la Fondazione Alberto Sordi ha depositato al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Ci sono una scaletta, un soggetto di cinque pagine e addirittura una pre-sceneggiatura annotata dall’attore e alcune foto dei provini, a testimonianza di uno stadio avanzato del progetto.
Autori del copione, pare covato da tempo, sono Sergio Amidei, Age e Scarpelli. Gli ultimi due avevano da poco scritto per Monicelli una scatenata farsa politica sull’ “aria di golpe”, Vogliamo i colonnelli. E Sordi dal canto suo cercava di mettere linfa nuova nel suo personaggio invecchiato, fuori posto nell’Italia post-’68: lo trasforma a volte in vittima, oppure tenta la commedia politica, raccontando addirittura il traffico d’armi (il film precedente è Finché c’è guerra c’è speranza). Kissinger in quel momento è celeberrimo, è lo stratega dei negoziati internazionali, firma l’accordo per il cessate il fuoco in Vietnam, gli viene assegnato il Nobel per la pace e nell’ottobre 1973 chiude i negoziati per la fine della guerra del Kippur. Ma è anche un nome simbolo dell’imperialismo americano, che allunga la sua ombra sul golpe cileno (settembre 1973). Tra i documenti depositati al Centro Sperimentale ci sono ritagli di giornale, vignette che ironizzano sulla somiglianza tra l’attore e il politico, servizi fotografici che poi l’attore imiterà nei provini per il film.
Nel soggetto il protagonista si chiama “Sauerkraut”, ma la precauzione è buffa, visto che comunque si dice trattarsi del segretario di Stato americano e tutti gli altri personaggi reali conservano i loro nomi. La storia è quella classica del sosia di un uomo potente, che Sordi riutilizzerà qualche anno dopo in uno dei suoi ultimi ruoli memorabili, Il marchese del Grillo (1981). Quando il sosia di Sauerkraut viene accoltellato ne serve un altro, da reperire in un vero e proprio “allevamento”. La scelta cade su Alberto Rossi, di lontane origini italiane, ebreo ma di religione cattolica: viene scelto «per la sua innata simpatia, ma anche perché dal punto di vista culturale e politico è assolutamente neutro». Tra le gag più curiose, quella in cui il povero Alberto si trova, per l’indisponibilità del vero Sauerkraut, a dover improvvisare un discorso a un vertice internazionale, e se la cava ripetendo un discorso di Metternich di 150 anni prima, con enorme successo (del resto, su Metternich Kissinger aveva scritto la propria tesi di dottorato). Il copione poi la butta in pochade: il sosia soddisfa finalmente, da un punto di vista sessuale, la moglie dello statista il quale, a dispetto di una fama di playboy, da lungo tempo seguiva l’adagio secondo cui «comandare è meglio che fottere»: «E il dottor Sauerkraut ama talmente il potere, e soprattutto gli strumenti del potere, da essersi completamente dimenticato di fottere».
A causa di questo progetto, nel ’75 e ’76 Sordi non realizza nessun lungometraggio. Tornerà con Un borghese piccolo piccolo (1977).
Il Fondo Alberto Sordi contiene però molti altri materiali. Man mano, lentamente a causa dei problemi legati al testamento e all’eredità dell’attore, una mole di materiali ha preso corpo e può essere studiata: pellicole (i provini di Fumo di Londra, i sopralluoghi per un film mai realizzato in Brasile), copioni (il leggendario Trombettiere del generale Custer), i 258 maniacali album in cui Sordi conservava foto, ritagli stampa e materiali vari, spesso creando veri libri-collage.
Soprattutto, i 300 copioni radiofonici del periodo in cui fu un grande divo del mezzo, prima del cinema (1948-1952) e anche negli anni Settanta. La Fondazione Alberto Sordi ha concesso in esclusiva a Repubblica i materiali del progetto Kissinger in occasione del quindicesimo anniversario della morte di Sordi, ma il presidente onorario della fondazione, Walter Veltroni, annuncia che il lavoro sui materiali sarà organico, con lo studio e la pubblicazione dell’intero corpus, oltre alle mostre (l’ultima è stata a Buenos Aires) e ai restauri (il prossimo annunciato, Polvere di stelle): del resto, si avvicina una scadenza ancora più importante, il centenario della nascita di Sordi nel 2020.