la Repubblica, 24 febbraio 2018
La roccaforte rossa prova a resistere all’onda leghista e alla scissione a sinistra
Grosseto «Reggerà la Toscana?» Un brivido scuote il fortino del Pd. «Ce la faremo anche se è dura. Ci si è messo anche il freddo ma qualche volantino l’ho dato», racconta Italo, classe 1938, che presidia il gazebo deserto del Pd nel corso di Grosseto. «Sono nato con le leggi razziali e ora devo vedere i fascisti che tornano», si sfoga. È di pochi giorni fa, in effetti: il consigliere di CasaPound ha stracciato la mozione antifascista davanti all’opposizione mentre l’intera giunta di centrodestra applaudiva. La mozione che vietava le piazze a chi non si dichiara antifascista è stata cestinata. E su Facebook il consigliere ha pure scritto: «Grosseto non è antifascista».
Mai si era vista una destra così sfrontata in Toscana. È come se sentisse di potersi togliere la maschera. Una destra sempre più “leghizzata” che ha già sfondato: tre anni fa alle regionali, da sola, la Lega ha superato il 16%. Ben 214mila voti, un terzo dei 614mila del Pd al 46%. Più dei 5 Stelle, al 15%. E con una Lega così forte, anche Forza Italia piega a destra. «Che succede? Grosseto sta morendo. Solo l’agricoltura va bene. Per il resto, l’edilizia è crollata, la Banca d’Italia se n’è andata, la Camera di Commercio è stata accorpata a Livorno. È una città in crisi d’identità», riflette amaro nel suo ufficio di avvocato Alessandro Antichi, primo sindaco forzista di Grosseto nel ’97, ai tempi della rivoluzione liberale di Berlusconi. «Questa è una città borghese, di ceto medio che la crisi ha impoverito e disilluso. La mozione stracciata? Follia. C’è troppa destra: un grave errore allearsi con CasaPound, noi non l’avremmo mai fatto», aggiunge Antichi, oggi fuori da tutto.
Il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna, eletto due anni fa col 55%, non è tipo da battaglie di principio: «Non ho tempo da perdere con le mozioni. E questo collegio lo vinceremo». Un collegio già negli anni Novanta conquistato da Forza Italia ma ora affidato al leghista Mario Lolini, 60 anni, proveniente dalle fila di An. «Battaglia difficile, sarà un testa a testa. Con le acciaierie ancora al palo neppure a Piombino riprendiamo i voti che avevamo», dice il segretario del Pd grossetano Gesuè Ariganello. «Quando le cose non vanno la colpa è sempre del governo – aggiunge – ma ce la faremo, alla fine la differenza la farà il candidato». Cioè Leonardo Marras, l’ex presidente della Provincia che a Grosseto tutti conoscono. E chi non lo conosceva prima l’ha conosciuto due mesi fa quando il dolore privato della sua bambina di 8 anni portata via da una brutta malattia ha sollevato un’onda di commozione.
Ad Arezzo la musica non cambia. La città del naufragio di Banca Etruria è in mano al sindaco di centrodestra Alessandro Ghinelli dal 2015. «Prima si sapeva che la vittoria della sinistra era scontata. Adesso chiunque vinca lo farà per una manciata di voti», dice il coordinatore di Forza Italia Iacopo Apa. E il Pd lo sa. Il collegio di residenza di Maria Elena Boschi, inviata a Bolzano, è stato di nuovo affidato a Marco Donati, 38 anni. E Matteo Renzi è andato ad Arezzo per sostenerlo: «Grazie per aver resistito ad una campagna di denigrazione», ha detto a 600 aretini. Rivendicando di aver salvato i correntisti di Banca Etruria. «Ha un bel coraggio a venire qui, chi ha perso soldi non dimentica», si commenta da “Mondo Pizza” di piazza Guido Monaco. A due passi da una desolata sede di Forza Italia, dove torreggia il volto di Felice Maurizio D’Ettore, 57 anni, docente di diritto privato.
«Come la Toscana, Arezzo sta agganciando la ripresa, il settore orafo va meglio. Gli effetti però non si avvertono ancora: il lavoro aumenta ma resta fragile e precario», dice Stefano Casini Benvenuti, direttore dell’istituto regionale per la programmazione economica. «Si tratta di una ripresa con forti divaricazioni, Arezzo è nel gruppo di testa. Ma ci vuole tempo perché si avverta», aggiunge il direttore. E nel frattempo Banca Etruria tiene banco: «Inutile nasconderlo, il clima verso il Pd non è favorevole. Ha fatto cose utili ma scomode. Noi puntiamo sulla forza personale del candidato», dice il segretario del Pd aretino Albano Ricci. Di nuovo la spinta personale del candidato, come se il “brand” Pd fosse ormai una marca fuori mercato. L’importante però è il risultato.
La Toscana reggerà, dunque? «Dobbiamo fare il pieno di voti almeno qui», è stata la consegna di Renzi ai dirigenti toscani. Perdere in casa sarebbe uno smacco. E tutti i voti col proporzionale pesano. Ma sui campi di battaglia è complicato. Non solo a sud. Firenze, patria renziana, resta blindata: il vantaggio del Pd mette al sicuro da ogni attacco. Sulla costa, a Lucca, e perfino a Pisa, si combatte invece voto su voto. Soprattutto col centrodestra. In alcune zone anche con i 5 Stelle, che dopo Livorno hanno conquistato Carrara. Ma a togliere il sonno al Pd è il neo-centrodestra fatto più di destra che di centro. Anche se la Lega non ha ancora una classe dirigente riconoscibile.
Ne è passata di acqua in Arno da quando la Toscana rossa era una roccaforte inespugnabile. Praticamente la metà dei capoluoghi oggi non è governata dal Pd. Perfino Pistoia, la città operaia della Breda che oggi parla giapponese, è caduta per mano di un sindaco ex An. Mentre a Pisa, che a giugno sceglierà il successore di Marco Filippeschi del Pd, il radicamento di “Liberi e uguali”, grazie all’ex sindaco Paolo Fontanelli che spazza il fianco sinistro da candidato al Senato, rischia di rendere il Pd vulnerabile. La ministra Valeria Fedeli, candidata nella città della Normale, dal 14 scorso ha preso casa a Pisa e dalle 8 del mattino fino a notte macina incontri ovunque. Perfino nei pub. Al contrario, la leghista candidata del centrodestra Rosellina Sbrana, 56 anni, non ha l’aria della schiacciasassi. Ma Salvini in Toscana riempie le platee. «Puntiamo ad essere il primo partito del centrodestra, perché vogliamo prenderci la Toscana alle prossime regionali», annuncia Susanna Ceccardi, sindaca di Cascina, alle porte di Pisa. La prima sindaca leghista di Toscana, pupilla del leader.
«Alla fine ce la faremo, la Toscana reggerà. Ma la rendita è finita, i voti ce li dobbiamo conquistare uno ad uno», dice il numero due del Pd toscano Antonio Mazzeo. «I segnali sono positivi ma nei mercati trovo gente che vota Lega. E, occhio, se la Lega si attesta sul 15-16% il centrodestra arriva al 30», è l’allarme. Ma chi è l’elettore leghista toscano? «Quelli che hanno perso il lavoro, le signore che hanno paura degli immigrati...la paura è la loro forza», è l’analisi di Mazzeo. La stessa della sindaca leghista: «I nostri elettori sono la classe media che si impoverisce, la signora di una certa età che ha paura quando esce di casa perché viene avvicinata dagli immigrati, il giovane che è oltre la contrapposizione tra fascismo e comunismo», spiega Ceccardi. «Dobbiamo presentarci come una forza rassicurante, spiegare che la paura può essere esorcizzata dal buon governo», è la strategia del Pd. Facile più a dirsi che a farsi, finché c’è chi soffia sul fuoco.