Corriere della Sera, 26 febbraio 2018
Stadio smontato, la pista ospiterà il mercato del pesce. Ma lo sport s’inchina all’Asia
PYEONGCHANG Forse non potremo mai dimenticare Pyeongchang, che è cominciata con giochi politici di altissimo livello tra le nemiche Sud Corea e Nord Corea e si è chiusa con prospettive, sempre politiche, di ulteriore disgelo tra sudisti e nordisti. La tribuna dello stadio olimpico, tra apertura e chiusura, si è trasformata in un teatro di strette di mano storiche (quella tra il presidente sudcoreano Moon e la sorella di Kim Jong-un), di sguardi furiosi (il vicepresidente americano Mike Pence guardando sfilare i nordisti), di sorrisi radiosi e forse spensierati (ieri notte Ivanka Trump). E anche la temperatura allo stadio si è drasticamente rialzata rispetto all’apertura del 9 febbraio: 20 gradi di sbalzo, da meno 17 a più 3, a promettere una primavera di speranze. Ora che le luci del circo si spengono però, la Sud Corea fa i conti anche economici di questa scommessa. E i numeri non mancheranno di interessare le città che hanno l’intenzione di candidarsi in futuro come sedi olimpiche. Seul ha investito 13 miliardi di dollari per prepararsi all’evento. Lo stadio a forma di pentagono costato 100 milioni di euro sarà smantellato dopo essere stato usato solo quattro volte: due per i Giochi olimpici e altre due per le Paralimpiadi a marzo. Sono stati spesi altri 700 milioni almeno per la pista di bob e slittino, che presumibilmente resterà inoperosa, per la torre imponente del salto con gli sci, che resterà a dominare la vallata, per i tre palazzetti del ghiaccio. La pista della discesa libera tracciata su una montagna riserva naturale sarà cancellata e gli alberi ripiantati. Qualcuno ha proposto di riconvertire l’arena del pattinaggio in ghiacciaia per il pesce surgelato. Seul stima che il Pil sia aumentato dello 0,2% in questo quadrimestre, grazie a consumi e turismo: una spinta da 1,8 miliardi di dollari. Spalmato su base annua l’incremento del Pil si ridurrà allo 0,05%. Però, la zona di Pyeongchang e Gangneung dove si sono svolte le gare era la più povera della Corea del Sud e gran parte dei 13 miliardi sono stati spesi per infrastrutture che hanno reso la provincia meno lontana da Seul: una ferrovia veloce, autostrada, una linea Internet che corre a 5G. Ora la bandiera con i Cinque cerchi è passata a Pechino, che ospiterà le Olimpiadi invernali nel 2022. Si chiamano Giochi di Pechino ma in realtà per quanto riguarda le discipline della neve si svolgeranno a circa 250 chilometri, nella zona di Chongli che è di montagna. Viaggio di un’ora in treno superveloce che sarà inaugurato già l’anno prossimo. Il presidente Xi Jinping ha visitato la località e ha ordinato: non voglio che si costruisca una nuova città qui, voglio che Chongli resti Chongli. Scomunicati prima di partire i progetti faraonici, costati 42 miliardi nel 2008 quando la nuova superpotenza cinese voleva presentarsi al mondo. Ora tutti sanno quanto è forte la Repubblica popolare e Xi ha vietato le spese esagerate. Non si ripeterà il caso del «Nido d’uccello», grande, bello e inutilizzato. Risparmiano anche i cinesi. Comunque, prima di andare a portare ai cinesi lo sci olimpico (e speriamo la passione e magari anche le attrezzature made in Italy che servono per praticarlo), i Giochi si fermeranno a Tokyo nel 2020. Significa che tra il 2008 e il 2022 quattro degli otto appuntamenti olimpici sono stati assegnati a Cina, Sud Corea e Giappone. Ma significa soprattutto che anche lo sport si inchina all’Asia, che oltre a produrre ora vuole anche divertirsi. Non male per la regione più popolosa del pianeta che prima di questa accelerazione partita nel 2008 aveva organizzato solo quattro Olimpiadi in 112 anni di storia delle Olimpiadi moderne.