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 2018  febbraio 26 Lunedì calendario

Greta Gerwig da Oscar

Greta Gerwig si era appena svegliata nella sua casa di New York, aveva messo su il bollitore dell’acqua per il caffè quando ha squillato il cellulare: le comunicavano che il suo primo film come regista, Lady Bird, aveva ottenuto cinque nomination agli Oscar. «Cosa ho fatto? Semplice, ho cominciato a piangere e a ridere». 
Generazione 80 all’assalto di Hollywood. Se Damien Chazelle ha vinto l’Oscar con La La Land a 32 anni, Greta Gerwig ne ha due in più e rischia di essere la seconda regista donna a vincere la statuetta come migliore regista dopo Kathryn Bigelow in The Hurt Locker, 2010 (ma Greta corre anche per il miglior flm), mentre in 89 anni le donne candidate sono state appena cinque (tra cui Lina Wertmuller con Pasqualino Settebellezze). «È qualcosa di eccitante e di umiliante, vivo questo momento con sentimenti contraddittori. Sono orgogliosa per tutte le persone che vi hanno preso parte. Quando Kathryn vinse, pensai che la strada per noi donne si sarebbe messa in discesa, ma fu una speranza ingenua. Insomma ora mi sembra di vivere qualcosa di irreale». Poi è successo il maremoto di Weinstein che sta rimescolando le carte a Hollywood. Ma Greta oggi non vuole aggiungere altro a quello che le sue colleghe hanno già detto. 
Greta è figlia di una infermiera e di un promoter finanziario, ha studiato Filosofia e Letteratura, ama Cechov e Tennessee Williams, ha scoperto il cinema quando il set di un film con John Travolta arrivò nella sua città, a Sacramento: la neve finta, le finte lucine natalizie… Lo stesso incanto si riprodusse sul set di Spider-Man, che lei seguì al di là delle transenne al tempo in cui era un’adolescente piena di sogni. Si considera una scrittrice che recita, «ma amo dirigere, è qualcosa che è cresciuto dentro di me da tanto tempo, amo Fellini e Truffaut». Si è conquistata una prima notorietà come attrice comica, soltanto due anni fa alla Berlinale, accanto a Julianne Moore, sua partner in Maggie’s Plan di Rebecca Miller, sembrava una collegiale intimidita. Disse soltanto, agganciandosi alle dinamiche di coppia di quel film: «Ho due fratelli non biologici e ne sono orgogliosa». Ma la ruota gira e ora è vicina al premio che nel cinema ti cambia la vita. Nel suo debutto da regista ci porta per mano nella vita di provincia americana, a Sacramento, attraverso i brufoli dell’adolescenza della sua splendida protagonista, Saoirse Ronan, primi amori, ultimo anno di liceo in una scuola cattolica e lei che a merenda mangia ostie come se fossero nutella, a casa pochi soldi, il padre disoccupato e depresso, la madre che le rinfaccia: «Sai quanto ci costa crescerti?». È un altro modo di sognare la California, è il sogno della West Coast vista di spalle. 
«Se ci pensate – osserva Greta – non sono molti i film sul rapporto madre-figlia». Una storia posseduta dalla grazia (in Italia esce il primo marzo per la Universal); una ragazza che la regista definisce «uno spirito libero». Si chiama Christine, Lady Bird è il soprannome che si è data, il suo secondo battesimo. 
Greta è cresciuta a Sacramento e lei sa che la domanda è inevitabile: «Ok, molto di ciò che racconto nel film è personale, ma non è autobiografico. Il feeling lo è. Ci sono dinamiche familiari che capisco nel profondo. Anch’io sognavo di andare in una città più grande, New York, Londra. Come dice Madonna, mi piace stare dove le azioni avvengono. La mia protagonista a un certo punto racconta, mentendo, di essere di San Francisco. Allo stesso tempo amavo Sacramento, o meglio, sono riuscita a metterla a fuoco dopo essermene andata. A inizio film ho messo una frase di Joan Didion che dice: se pensate che la California sia sinonimo di edonismo non siete mai stati a Sacramento. Joan è una mia concittadina ed è la mia poetessa “ufficiale”, i suoi scritti furono per me un terremoto spirituale. Joan dice che ogni scrittore nasce con il presentimento di una perdita, ricordo che nella mia adolescenza mi dicevo, è così e questo non lo vivrò per sempre. Con lei è come se fossi cresciuta a Dublino e avessi improvvisamente letto Joyce. La sua scrittura, così chiara e bella, parla del mio mondo, conosco le donne che racconta e quell’angolo di mondo». 
Il film è ambientato nel 2002 perché cercava «il mondo immediatamente dopo l’11 settembre, credo abbia dato inizio a una nuova era che solo ora stiamo cominciando a comprendere. Ma la ragione principale è che oggi gli adolescenti vivono chiusi nei congegni elettronici, e la loro vita sociale appare su Snapchat, Instagram e WhatsApp, ci sono codici di cui non faccio parte e che non capisco». 
Greta è molto amica di Natalie Portman, «ma andare in giro con lei è impossibile, ti fermano continuamente». Tra poco, per strada verranno fermate in due.