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 2018  febbraio 26 Lunedì calendario

Debito. Su ogni lavoratore grava un onere di 100 mila euro Nel 2040 il conto potrebbe salire fino a 180 mila

Chiunque in Italia segua un po’ di politica avrà sentito ripetere la stessa domanda un’infinità di volte: quanto debito pubblico stiamo lasciando ai nostri figli? Meno spesso accade di trovare una risposta esatta, perché quell’interrogativo è complicato dall’accavallarsi di due dimensioni diverse: la finanza pubblica, certo, ma anche la quantità di figli. 
Il primo è un tema del quale si occupano per lo più gli economisti, mentre della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione di solito discutono demografi, esperti di tendenze sociali o di religione. Di rado i due gruppi si parlano. Eppure per farsi un’idea dell’eredità che stiamo lasciando alla prossima generazione, quei numeri vanno tenuti insieme: il valore del debito pubblico e il numero di persone che tra un paio di decenni potranno contribuire a sostenerlo, o a produrre abbastanza reddito da rendere gli oneri dello Stato più piccoli in proporzione. 
La doppia lezioneQuando si incrociano le due serie – le tendenze del debito e quelle della demografia – emerge una doppia lezione. La prima è che l’Italia resta un’anomalia fra i grandi Paesi europei, con il debito più alto e il tasso di nascite più basso. Il debito per abitante (inclusi bambini e anziani) è di 37.260 euro. Il debito pubblico per persona occupata oggi è di circa 100 mila euro. Ma l’Italia anomala non è poi tanto: anche in uno scenario cauto, il debito pubblico suddiviso per ciascuna persona, magari non occupata ma in età «attiva» (fra i 15 e i 64 anni) salirà a 103 mila euro in Italia nel 2040, mentre in Francia sarà cresciuto a 82.000 euro, in Germania a 65.300 e in Spagna a 65.300. In tutti questi Paesi i bambini di oggi potrebbero affacciarsi alla vita lavorativa tra 22 anni con un carico di oneri che nessuna generazione post bellica aveva ricevuto prima di loro: frutto del calo della popolazione attiva, quando non dei conti in disordine, perché il peso dello stesso debito andrà ripartito fra meno produttori di reddito. La seconda lezione invece è specifica per l’Italia in campagna elettorale: i partiti non possono più permettersi di improvvisare. Con questo debito e questi squilibri demografici, anche solo un po’ di disattenzione alla finanza pubblica, un’erosione del surplus prima di pagare gli interessi e nuovi ritardi nella modernizzazione del Paese possono far sì che fra 20 o 22 anni ogni lavoratore debba sostenere in media circa 180 mila euro di debito pubblico: l’equivalente di un mutuo.
Il metodo seguito in questa ricerca è lineare: si incrociano le proiezioni dell’ufficio statistico Eurostat sulla popolazione – basate su natalità, mortalità e tendenze migratorie – con lo sviluppo dei volumi del debito pubblico a diversi tassi di progressione. I Paesi presi in conto sono Italia, Germania, Francia e Spagna, sapendo che l’onda dei cambiamenti demografici è così lunga e inesorabile che ci si possono formare idee plausibili per ciascun Paese fino circa al 2040: un punto nel tempo distante come il 1996, quando l’Italia rientrò nel sistema di cambio europeo ponendo le basi per adottare l’euro poco dopo. 
Vicenda europeaQuesti quattro Paesi sono uniti da una vicenda comune: fra il 2014 (Italia) e il 2017 (Germania) raggiungono la quantità massima di popolazione in età potenzialmente «attiva», dopo la quale inizia un declino e solo in Francia è lieve. In Italia questo gruppo di persone potenzialmente produttive cala del 13,5% da oggi al 2040, cioè dello 0,6% ogni anno. In Spagna va giù del 12,8%, in Germania del 10% e solo in Francia dell’1%. Significa che in media il debito pubblico per persona che potrebbe lavorare in Italia sale di quasi 10 mila euro a 67.800 euro, anche nell’ipotesi che il volume finanziario dei titoli di Stato resti immobile ai 2280 miliardi di oggi (negli altri tre Paesi aumenta al massimo di 5 mila euro per abitante «attivo»).
Pil e occupazione Questi però sono scenari ottimistici. Se si immagina che il debito in Italia salga dell’1,9% l’anno (pari all’inflazione media calcolata dall’inizio del secolo), il debito pubblico pro capite sale poco sopra quota 100 mila euro. Ma naturalmente non tutte le persone fra 15 e 64 anni lavorano: tolti gli studenti, oggi il tasso di occupazione è al 58%. Nell’ipotesi fiduciosa che il tasso di occupati nel 2040 sarà cresciuto al 68%, allora vivranno in Italia 22,8 milioni di persone produttive e il debito pubblico suddiviso sulle loro spalle salirebbe a quota 152 mila euro per ciascuna. Si potrebbe andare avanti: per esempio, fra 22 anni il debito pubblico pro capite per lavoratore in Italia sarebbe di 178 mila euro, nel caso che non si facciano altre riforme e il tasso di occupazione resti pari a quello attuale. Bisognerà certo vedere quanto sarà cresciuto intanto il Prodotto interno lordo, a fronte di questi oneri. E certo l’Italia ha ormai quasi azzerato i suoi debiti netti sull’estero, mentre la struttura dei titoli di Stato è tale da poter oggi sostenere aumenti dei tassi e assicurare un calo del debito in rapporto al Pil anche senza lacrime e sangue nei prossimi anni. Ma se la politica in Italia dimentica il rigore nei conti e le riforme necessarie perché più persone possano lavorare, il rischio è alto: anche di un debito di oltre 200 mila euro per lavoratore attivo fra vent’anni. 
I bambini di oggi che debutteranno nella vita attiva fra vent’anni con questo peso ereditato da noi vorranno compiere una sola scelta: disconoscerlo e liberarsene, migrando all’estero. Ma ciò può solo esacerbare ancora di più l’impoverimento demografico e complicare la sostenibilità finanziaria del Paese. La politica, oggi, ha un margine di errore pari a zero.