Corriere della Sera, 24 febbraio 2018
Il caso Elvira Sastre, vivere con la poesia
Elvira Sastre, 25 anni, in Spagna è un fenomeno letterario. Vive di poesia, entra in classifica con i suoi libri, riempie i teatri di gente che vuole ascoltarla leggere. Certo, i social media hanno avuto un ruolo importante nella sua ascesa (a cominciare dal blog Relocos y recuerdos che ha inventato quando era ancora a scuola), ma i versi, e nient’altro, sono rimasti il suo universo. «La Rete mi ha aiutato a promuovere le mie opere, a creare una comunità di sostegno, a rimanere in contatto con i lettori. Ma non ho inventato niente. La mia maniera di scrivere è simile a quella dei miei maestri, dei poeti che ho letto e leggo», ha spiegato al quotidiano argentino Clarín. Sul suo account Instagram, seguito da 161.000 persone, qualche foto e qualche disegno ma soprattutto immagini di parole. Spesso le passioni iniziano molto presto e, quando accade, il tempo che scorre può valere di più. Se arrivano tardi, invece, la loro intensità abbrevia il mondo. «So che la mia gioventù sorprende, però il fatto è che ho vissuto due vite: quella reale e quella delle mie letture», ha detto a El País. La vocazione è arrivata un po’ da sola, legata alla voglia di conoscere, al piacere del testo, alle intermittenze dei sentimenti. «Non mi sono mai seduta a scrivere una poesia. È lei che viene da me. E se non arriva, lascio perdere». Sono nate così le quattro raccolte pubblicate finora, l’ultima delle quali è La soledad de un cuerpo acostumbrado a la herida (La solitudine di un corpo abituato alla ferita). «Si tratta – ha raccontato – di un libro monotematico: è la storia di una rottura». Perché, più in generale, il primo spunto è parlare di «ciò che fa soffrire».
Sfogliamolo, questo libro, stampato dall’editore Chus Visor che proprio in questi giorni festeggia il suo millesimo titolo con un omaggio ad Antonio Machado. «Mi chiamasti isola:/hai voluto abitarmi, fare crescere la tua pelle/ sopra la mia terra…», scrive Elvira Sastre. Per lei si è fatto il nome, tra gli altri, di Gustavo Adolfo Bécquer, l’ultimo romantico spagnolo. Ma lo sguardo può correre invece, nelle simmetrie rovesciate della vita, sulle pagine del grande Jaime Gil de Biedma che si misurava con la vecchiaia in una casa solitaria di Ultramort, nella bassa Empordà. Qualche anno prima aveva scritto, in Por vivir aquí : «È questa la città. Siamo tu e io. / Strada per strada andiamo verso il cielo».