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 2018  febbraio 24 Sabato calendario

In fiamme i rifiuti di Pavia. È la Terra dei fuochi del Nord

L’ultima l’hanno scoperta l’altro giorno a Bornasco, una decina di chilometri a Nord di Pavia. Una montagna di 20 mila metri cubi di rifiuti anche pericolosi e poi pneumatici, carcasse di auto, lavatrici abbandonate, materiale edile, lapidi di marmo, lastre di eternit, componenti elettronici. Una discarica abusiva grande 15 mila metri quadrati tra cascine e capannoni industriali come ce ne sono tante nel Pavese. Pure troppe, assicura Angela Alberici, dirigente di Arpa Pavia, l’agenzia regionale per la protezione ambientale: «È un territorio che ha una vocazione per lo smaltimento dei rifiuti, favorita da una bassa densità abitativa su un grande territorio».
Ma Pavia ha anche il record della mortalità di cancro: secondo l’ultimo rapporto Asl del 2015 il tasso di mortalità dei tumori maschili è superiore del 10% rispetto al dato lombardo e del 18% a quello nazionale. Pure peggio per i tumori femminili: +11% della Lombardia, +19% di tutta Italia. Che ci sia un rapporto diretto è tutto da dimostrare anche se l’attenzione è massima, assicura Carlo Cerra di Ast Pavia: «Ci sono 200 tipi di tumori e i numeri in provincia di Pavia sono troppo piccoli per avere una casistica certa. La preoccupazione ambientale è evidente. Al lavoro c’è una commissione regionale che non a caso di chiama “Ambiente e salute”». Sarà un caso però Pavia ha anche il record negativo dell’aspettativa di vita. Nemmeno 82 anni, contro gli oltre 83 in tutta la Lombardia e i quasi 83 a livello nazionale.
Inquinamento e condizioni ambientali sono fattori decisivi. Un collegamento diretto magari non è stato ancora trovato, ma su tutto il territorio pavese ci sono ben 21 aziende di stoccaggio dei rifiuti. Secondo un rilevamento regionale dello scorso ottobre, le irregolarità accertate in tema di sicurezza erano addirittura 30. Accanto alle discariche e ai siti di stoccaggio ufficiali ce ne sono una gran quantità di abusive. A volte vengono scoperte. A volte vengono date alle fiamme. Troppe volte, almeno cinque dal maggio dell’anno scorso: due a Mortara, una a Parona, una a Stradella, l’ultima a Corteolona. Incendi dolosi su cui la procura di Pavia ha aperto una serie di inchieste, una per ogni rogo, per ora senza indagati.
La dirigente Arpa di Pavia ha una sua ipotesi: «Bruciare i rifiuti è un’ipotesi commerciale valida. Costa meno che stoccarli». Da quando la Cina ha poi imposto il blocco alle importazioni di rifiuti plastici diverse tonnellate di rifiuti non si sa più dove metterle. A Corteolona all’inizio di gennaio hanno risolto il problema dando alle fiamme un capannone grande duemila metri quadrati con tonnellate di sostanze plastiche. Chi le abbia stoccate all’inizio di settembre quando arrivarono le prime segnalazioni di via vai di camion dagli abitanti della zona non si sa. Il terreno è di un privato che giura di non saperne niente.
Ci sono anche altre ipotesi dietro ai roghi. Ipotesi che portano alla Terra dei fuochi in Campania. Il prefetto di Pavia Attilio Visconti ha più di un sospetto: «Dobbiamo lavorare sulla prevenzione perché questo è un territorio appetibile per la criminalità organizzata». La prefettura ha chiesto ai Comuni di segnalare i siti abbandonati che potrebbero essere utilizzati come discariche abusive. Da 130 Comuni sono arrivate 169 segnalazioni. I controlli sono di competenza provinciale. Tutti gli organi di polizia sono impegnati. Per avere delle mappature certe si useranno anche i droni. Pure l’Arpa fa verifiche a campione, spiega Angela Alberici: «Dopo ogni ispezione dobbiamo fare una segnalazione in Procura. Non c’è una volta che sia tutto in regola. La direttiva europea che responsabilizza i gestori delle discariche è ampiamente disattesa». Del tema si è occupata anche la commissione parlamentare d’inchiesta che a gennaio ha presentato una relazione su «Il fenomeno degli incendi negli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti». Un capitolo è dedicato anche all’incendio della discarica di Mortara dello scorso settembre – un’azienda di stoccaggio conosciuta e monitorata – che ha portato «nei primi due tre giorni dall’incendio a concentrazioni di diossine risultate di un ordine di grandezza superiore ai valori del fondo naturale locale».