La Stampa, 24 febbraio 2018
Sburocratizzazione, benessere e qualità della vita. I dicasteri creativi dei grillini
Ma perché avere un ministero della Pubblica amministrazione, così distante e freddo, figlio di un’Italia trainata dagli statali, quando può rilucere in tutta in tutta la sua modernità il ministero della «Sburocratizzazione e della meritocrazia»?
Sarà che l’immaginario di Gianroberto Casaleggio, imbottito di George Orwell e affini distopie, ha plasmato anche i suoi giovani adepti grillini, ma a leggere i nomi dei nuovi ministeri che ha in mente Luigi Di Maio viene da pensare a quelli che governano Oceania in 1984, ma anche un po’ a Stefano Benni o al regno di Hogwarts di Harry Potter.
Il disegno di governo è in via di completamento e racconta dell’idea di Smart Nation che intende coltivare Di Maio già a partire dai nomi. I ministeri creativi, ribattezzati o creati ad hoc, sono l’impronta più originale che rimane al Movimento, per il resto trasformato in una grande Balena pronta a spiaggiarsi a destra o a sinistra, a seconda di chi degli altri partiti accetterà di convergere sul programma grillino.
Se il ministero della Pa fa ancora troppo Fantozzi che corre tra i corridoi bulgari di palazzi dove si timbra il cartellino tra eterni sbadigli, il nuovo dicastero della «Pa-Sburocratizzazione e Meritocrazia», nei piani del M5S, dovrebbe essere la centrale dello snellimento di leggi e codici promesso come primo punto del programma dal candidato premier. Ma ci sarà anche il ministero per «La qualità della vita e benessere dei bambini e delle bambine» che è un po’ il frutto di incontri e di slogan già in uso nel marketing politico del M5S. «C’è bisogno di un ministero del Benessere», suggerì Donata Francescato, docente di Psicologia della comunità alla Sapienza di Roma, durante il suo intervento al convegno grillino «Lavoro 2025» di un anno fa alla Camera. Di Maio aveva annunciato di avere intenzione di riesumare un ministero dedicato alla Famiglia e, in aggiunta, all’Infanzia, tema che ha a cuore il suo consigliere (ora candidato alla Camera) Vincenzo Spadafora, ex garante ed ex Unicef.
In realtà Di Maio e il suo staff stavano pensando anche a un ministero della Felicità, che a parte essere il titolo di un libro recente della scrittrice indiana Arundhati Roy, due anni fa è diventato realtà negli Emirati Arabi, dove a guidarlo è una ventiduenne ed è affiancato da un ministero della Tolleranza. Alla fine il dicastero è sfumato, assorbito dalla Qualità della vita, lo slogan con cui Di Maio ha lanciato la prima parte della sua campagna elettorale e che va oltre la mera quantificazione del Pil, limitato feticcio da superare secondo il consigliere economico Lorenzo Fioramonti.
Nella lista era dato fino all’ultimo per certo anche il ministero per le Pmi, le Piccole e medie imprese, che nelle intenzioni doveva nascere come spin off del Mise, lo Sviluppo economico, una promessa di attenzione che Di Maio aveva fatto agli imprenditori del Nord-Est e ai piccoli commercianti. Se non un ministero, diventerà però quasi sicuramente un sottosegretariato dedicato. In bilico è dato anche l’ormai mitologico ministero della Democrazia diretta, un pallino dei Casaleggio, a cui era stato destinato Riccardo Fraccaro, uno dei fedelissimi del cerchio magico di Di Maio. Sarebbe un concentrato di tutta la filosofia grillina delle origini, un po’ più zoppicante ultimamente, soprattutto in quanto a trasparenza, altro topos della letteratura pentastellata in lizza per un dicastero e poi scartato. Pare che lo stesso leader si stia convincendo che un ministro della democrazia diretta fa un po’ strambo, non è proprio di immediata comprensione per tutti e non suona istituzionale.
«Chi non vorrebbe un ministero della Pace?» si chiedeva Gianroberto Casaleggio alla vigilia di Natale del 2015. Avido lettore di Orwell, il fondatore evocava il Minipax, com’è chiamato nella neolingua uno dei quattro ministeri di 1984 (gli altri sono Verità – cioè quello per la propaganda – Abbondanza e Amore). Cinque giorni fa un sondaggio pubblicato dalla comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi ha certificato che due terzi degli italiani sarebbero favorevoli a un ministero della Pace. Solo che quello di Orwell serviva a mantenere uno stato di guerra perpetua.
[I. Lomb.]