La Stampa, 24 febbraio 2018
Troppi bar e ristoranti, poco reddito. I guai del padrone di piazza del Campo
Salvatore Caiata sapeva, da un anno circa, di essere indagato. Una indagine lunga e complessa, tutt’altro che prossima all’archiviazione. E che anzi potrebbe riservare ancora dei colpi di scena.
Poco dopo aver saputo dell’inchiesta suo carico, Caiata annunciò il suo addio a Siena, dicendosi «deluso» dalla città che lo aveva sempre guardato con sospetto. Una città dove ha fatto affari per anni, nel settore della ristorazione ma anche nell’immobiliare, al punto da essere stato soprannominato «il padrone di piazza del Campo» per il gran numero di locali che gestiva sulla storica piazza.
E dove ha anche fatto politica nelle file di Forza Italia. Al punto da offrire, spiegano alcune fonti, la propria candidatura per le politiche del 2013 nelle file del Pdl. La candidatura, accompagnata dalla promessa di un consistente impegno economico per la campagna elettorale, non è stata però presa in considerazione dal partito.
L’indagine in corso, secondo quanto ricostruito, è relativa all’ipotesi di trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori finalizzato al riciclaggio. Caiata, nato a Potenza ma da anni attivo a Siena dove ha frequentato la Facoltà di Scienze bancarie, secondo quanto ricostruito avrebbe realizzato nel corso degli anni numerose operazioni di compravendite societarie nonché immobiliari per importi rilevanti che sembrerebbero non compatibili con le disponibilità reddituali dichiarate, per le quali il tribunale potrebbe valutare anche delle misure di sequestro preventivo. Le indagini, condotte dalla procura di Siena con l’ausilio nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza e la collaborazione del Servizio centrale d’investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) delle Fiamme Gialle, sono state avviate fin dal 2016.
Una indagine complicata anche dal gran numero di società interessati e dei numerosi passaggi di proprietà tra vari soggetti, per la quale la procura si è avvalsa anche del «programma Mecenate», un sistema di controlli incrociati utilizzato per le indagini patrimoniali sulla criminalità organizzata.
Un anno fa circa a Caiata è stato notificato l’avviso di proroga delle indagini preliminari, con l’indicazione del reato (articolo 12 quinquies del decreto 306/92). A quel punto Caiata ha chiesto di essere sentito per chiarire la sua posizione, spiega suo legale Enrico De Martino, che ieri ha ribadito alla procura la disponibilità del suo assistito. In seguito al primo diniego della procura, Caiata fin dall’anno scorso ha presentato una memoria di 50 pagine che ricostruisce in dettaglio, spiega il legale, «tutte le operazioni e i flussi di denaro».
La Cascina, coop coinvolta nel sistema delle compravendite di locali contestato a Caiata, fa sapere che i locali con il marchio Nannini sono stati ceduti fin dal 2016 e lo stesso Caiata non è mai stato un suo consulente mentre Cataldo Staffieri, legato a Caiata, non lavora più per la coop dal gennaio del 2017. Gli stessi giorni nei quali arrivava la notifica di proroga delle indagini.
La Cascina aggiunge anche che «la legalità, la trasparenza e la correttezza della attività gestionale della cooperativa e delle altre società del Gruppo La Cascina è stata a più riprese confermata di recente, dall’autorità giudiziaria». Quattro suoi manager hanno patteggiato pene tra due anni e sei mesi e due anni e otto mesi per corruzione nell’ambito dell’inchiesta su Mafia Capitale per l’appalto del Cara di Mineo.