La Stampa, 24 febbraio 2018
La cartella clinica
Il caso di Salvatore Caiata non è una notizia, è una cartella clinica. Sentite qui: quarantasette anni, imprenditore, presidente del Potenza calcio, viene messo in lista dai Cinque stelle in quanto lucano dell’anno. Salta fuori che è indagato per riciclaggio ma, siccome aveva omesso il particolare, il Movimento lo espelle. Lui si infuria: sono innocente, dice. E ha ragione, è innocente e non perché lo dica lui, lo dice la Costituzione, e avanti di questo passo continuerà a essere innocente a lungo. Infatti, indagato da metà 2016, cioè da quasi due anni, ancora non è stato sentito dai magistrati, nonostante lui si sia offerto di chiarire tutto. Dunque, di chi è la colpa? Dei magistrati che da due anni lo tengono nella condizione di indagato senza fargli sapere nulla, tanto è la vita di un indagato fra tanti, che sarà mai? Nooo. È colpa di Luigi Di Maio allegro sostenitore dell’inutilità della presunzione di innocenza per la classe politica? Nooo. Del Movimento che, con qualche estemporanea e conveniente eccezione, divide buoni e cattivi in base a come si è svegliata quella mattina la tal procura? Nooo. Di una serie di regole bagonghe per cui i grillini hanno in lista tredici candidati che, come primo atto da eletti, dovranno rinunciare all’elezione? Nooo. Sapete di chi è la colpa? Dei giornali, che «hanno dato la notizia senza pietà». Cioè, i giornali non dovevano dirlo a Di Maio, come infatti non glielo aveva detto Caiata. Il quale però si è già ripreso: «Non mi ritiro. Sono più tosto di prima», ha detto in serata. Forse abbiamo trovato una star.