La Stampa, 25 febbraio 2018
Lo chef di Putin che guida le truppe dei mercenari
La Russia si serve di un fidato gruppo di mercenari per assicurarsi una presenza armata terrestre in Siria e limitare al massimo il numero ufficiale dei propri caduti. Si tratta della compagnia Wagner, considerata agli ordini del Cremlino e già presente in Crimea e nel Donbass. Dietro pare vi sia un imprenditore del settore ristorazione vicino al presidente russo e per questo noto come «lo chef di Putin»: Evgenij Prigozhin, il famigerato ideatore della «fabbrica dei troll» di San Pietroburgo, che pagava centinaia di giovani per inondare il web di messaggi a favore del Cremlino. Anche in inglese.
Il procuratore speciale che indaga sul Russiagate, Robert Mueller, lo ritiene coinvolto nelle interferenze russe nelle elezioni Usa e per questo la settimana scorsa lo ha incriminato assieme ad altri 12 cittadini russi.
Se a dicembre, in vista delle presidenziali del 18 marzo, Vladimir Putin è volato nella base aerea di Hmeymim per ordinare il ritiro di una «parte considerevole» del contingente russo, nel Paese levantino a combattere al fianco dell’esercito di Assad sono rimasti i volontari di Wagner, tra cui si contano molti nazionalisti e veterani russi.
Mosca – che ha recentemente rafforzato la sua aviazione in Siria – naturalmente nega di aver schierato mercenari. Ma sembra che alcuni caduti della Wagner abbiano ricevuto medaglie alla memoria, quindi riconoscimenti ufficiali del governo. E inoltre il ricorso ai mercenari è una pratica ormai assai diffusa. Contractor Usa della Blackwater sono stati per esempio usati in Iraq.
L’impiego della Wagner segue una logica ben precisa. Secondo un recente sondaggio, il 32% dei russi teme che la Siria si riveli un nuovo Afghanistan. E al contrario di quelli delle forze armate, i morti nelle file dei mercenari non alimentano terrificanti statistiche ufficiali e possono essere ignorati dalle autorità. O quasi. Incalzato dalle sempre più frequenti notizie di russi uccisi in Siria, martedì il Cremlino è infatti stato costretto a riconoscere che cittadini russi sono morti «nell’ultimo scontro bellico» in Medio Oriente. E soprattutto che «alcune decine» di loro sono rimasti feriti e hanno ricevuto «sostegno per tornare in Russia», dove «sono curati in diversi ospedali».
Mosca ha sottolineato che non si tratta di militari. Ma questo non contraddice assolutamente i recenti resoconti dei media internazionali. Anzi. Il non meglio specificato «ultimo scontro» a cui si riferisce il ministero è evidentemente il raid aereo del 7 febbraio nei pressi di Deir ez-Zor, dove i jet Usa hanno fermato una colonna pro-Assad pronta ad attaccare una base curda. Nell’incursione, secondo il Pentagono, sono morte circa 100 persone. E a quanto pare tra loro c’erano molti uomini di Wagner. Difficile dire quanti russi abbiano perso la vita a Deir ez-Zor. Le stime variano, e di molto. La Reuters ritiene che tra uccisi e feriti siano circa 300. Conflict Intelligence Team ha finora identificato 10 presunti mercenari russi morti.
A dare il nome alla compagnia è il suo leader, Dmitry Utkin, detto appunto «Wagner»: un ex ufficiale dell’intelligence militare. Ma a finanziare i mercenari sarebbe Prigozhin. Secondo fonti nell’intelligence Usa sentite dal Washington Post, sarebbe stato proprio lo «chef di Putin» – in stretto contatto col Cremlino e con funzionari del regime di Damasco – a dare il via libera a nome del governo russo alla fallimentare operazione contro i curdi. La sua società Evro Polis avrebbe un accordo con Damasco per «proteggere i pozzi di petrolio siriani in cambio del 25% dei loro proventi». Non è da escludere che ci sia proprio questo dietro l’attacco a Deir ez-Zor, una regione ricca di idrocarburi.