il Fatto Quotidiano, 25 febbraio 2018
Alchimia Alitalia: vende pezzi a 1.500 e li ricompra a 215 mila
Questa è la storia di un pezzo che era di ferro quando è uscito dai magazzini Alitalia di Fiumicino e si è tramutato in oro dopo un volo sopra l’Atlantico, una lunga peregrinazione negli Stati Uniti e il rientro nello stesso punto da dove era partito. Sembra una fiaba e invece è cosa vera. Quando il pezzo prese il volo era perché Alitalia lo stava dando via a 1.500 dollari, quando rientrò era perché lo stesso pezzo Alitalia lo ricomprava a un prezzo 143 volte superiore: 215 mila dollari. Il prodigio avviene tra novembre 2014 e marzo 2015, negli stessi mesi in cui la compagnia aerea era piombata nell’ennesima turbolenza, costretta a cambiare pelle trasformandosi da italiana in araba. Era il momento in cui l’Emiro di Abu Dhabi con Etihad si presentava con i dollari in mano (non molti, per la verità) e in cambio pretendeva la decimazione dei lavoratori italiani. Così fu: Alitalia licenziò la bellezza di 2.251 persone proprio nelle stesse settimane in cui si compiva il miracolo del ferro trasformato in oro. Mentre molti piangevano per la perdita del lavoro qualcuno in azienda si gonfiava il portafogli. Insomma, ci sarebbe stato chi avrebbe approfittato del marasma della crisi e dei vortici di cambi di proprietà per spolpare ulteriormente la compagnia (che sarebbe vittima della truffa).
Di chi si tratti intendono scoprirlo i magistrati di Civitavecchia competenti a indagare sulle faccende Alitalia. Alla Procura il portentoso caso del ferro d’oro è stato segnalato, con relativa documentazione allegata, dal sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, a cui era stato prospettato da alcuni dipendenti e sindacalisti Cub Alitalia nel corso di un’assemblea pubblica. Il sindaco ha passato la documentazione anche ai commissari Alitalia e la compagnia ora fa sapere al Fatto di ritenersi parte lesa e di avere a sua volta presentato un esposto-denuncia alla Procura di Civitavecchia. L’ex vice ministro dell’Economia Stefano Fassina, candidato alla Camera per Liberi e Uguali, martedì ha sottoposto con una lettera l’inquietante vicenda anche al ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, avanzando il sospetto che il caso del ferro d’oro non sia isolato benché clamoroso. Ma rientri piuttosto in quell’enorme capitolo che va sotto il titolo di extracosti, 450 milioni di euro di creste sulle spese essenziali, dal carburante all’handling, dalla manutenzione al leasing degli aerei che hanno strangolato la compagnia fino al fallimento. La cifra in questione, 215 mila dollari per un solo componente di un motore, autorizza a pensare che la faccenda sia transitata dagli uffici dei dirigenti Alitalia.
Secondo la terminologia tecnica, il pezzo trattato è un noozle, un ingranaggio che serve ad agganciare alle alette della turbina la parte interna di un motore aereo, nel caso specifico un General Electric 90 per Boeing 777. Così come risulta dai documenti Alitalia di cui Il Fatto è entrato in possesso, il 27 novembre 2014 il noozle viene spedito dall’Alitalia alla Kp Aviation di Reno nel Nevada, azienda specializzata nella fornitura di componenti d’aereo. Secondo la descrizione allegata il pezzo risulta costruito il 16 giugno 2008, ma sei anni dopo è ancora nuovo o almeno non usato: tempi di uso e cicli di utilizzo zero. Perché venga venduto non è chiaro: c’è chi sostiene che in quei mesi burrascosi Alitalia si sarebbe liberata di parti intere del magazzino ricambi. Il prezzo fissato è 1.500 dollari.
Passano i mesi, il pezzo attraversa tutta l’America e il 27 marzo 2015 riappare alla East Air Corporation di Hackensack nel New Jersey, altra azienda specializzata in forniture aeree. Che sia lo stesso noozle planato mesi prima in Nevada non ci sono dubbi: il numero di serie che lo contrassegna, che è come il numero di telaio di una qualsiasi auto, è lo stesso. A questo punto il pezzo di ferro viene rimesso in volo, destinazione Fiumicino, magazzini Alitalia. E nel tragitto si tramuta in oro. Prezzo di acquisto 215 mila dollari. Il certificato di rilascio autorizzato della East Air Corporation definisce “nuovo” il noozle e questa circostanza insieme alla descrizione iniziale dello stesso componente fatta da Alitalia ha per ora portato a ritenere che la storia del pezzo di ferro d’oro implichi la corruzione, ma non riguardi la sicurezza dei voli. Insomma: il noozle sarebbe partito nuovo da Fiumicino e sarebbe tornato nuovo a Fiumicino dopo aver fatto il giro del mondo. All’Enac, l’Ente dell’aviazione civile a cui il caso è stato sottoposto per una valutazione tecnica, ritengono sia proprio così. Speriamo abbiano ragione, cioè che il noozle Alitalia fosse davvero nuovo e non già usato. Un usato ricomprato a peso d’oro come nuovo. E il giro di pezzi emigrati e poi tornati a prezzi centuplicati potrebbe essere più grosso.