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 2018  febbraio 25 Domenica calendario

Molte manifestazioni, nessun incidente

Alla fine la contrapposizione fascismo-antifascismo ha più giovato ai fascisti, a un tratto di nuovo alla ribalta in un paese che aveva l’aria di essersi dimenticato del problema.  

Ieri ci sono state un mucchio di manifestazioni antifasciste. Roma, Milano, Palermo, Bologna.
Manifestazioni che volevano impedire a quelli di Forza Nuova o di CasaPound di parlare. Parlare hanno parlato, sia pure nel chiuso degli alberghi e a un numero di militanti molto contenuto. E però non si sono viste folle oceaniche neanche tra i rappresentanti dei centri sociali o degli antagonisti. Se si potesse giudicare con un minimo di freddezza, sarebbero tutti fenomeni da catalogare tra gli eventi politici minori. D’altra parte domenica prossima si vota, e tutte le sensibilità risultano sovreccittate. Anche se nessuno pensa che CasaPound entrerà in Parlamento. Eccessivo anche il raffronto fatto dal ministro Padoan con gli anni Settanta, quando fascisti e comunisti s’ammazzavano tra di loro e imperversavano Brigate rosse e Nar. Il richiamo antifascista, del tutto comprensibile dopo i fatti di Macerata, è servito casomai a ricompattare un po’ di sinistra. A Roma, la Camusso, Bersani e Renzi hanno partecipato allo stesso corteo.  

È sempre così. Per riunire la sinistra ci vuole un oggetto forte «contro» cui schierarsi. Impossibile ottenere lo stesso risultato se ci si vuole mobilitare «per» qualcosa.
Forse quello di Roma con la Camusso e Renzi è stato il corteo più importante. Il Pd e la Cgil avevano disertato la manifestazione antifascista di Macerata, per rispetto verso il sindaco che aveva chiesto, dopo Pamela e la sparatoria di Traini, di non alzare la tensione. Sfilando ieri, al richiamo dell’Anpi, hanno come rimarginato un poco la ferita con i bersanian-dalemiani di Leu.  

Chi c’era al corteo?
Pietro Grasso e la Boldrini. Camusso e il segretario della Cisl, Carmelo Barbagallo, che reggevano lo striscione d’apertura. Nel retro del palco allestito in piazza del Popolo, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, Matteo Renzi, le ministre Valeria Fedeli (Istruzione) e Roberta Pinotti (Difesa). Con loro anche la collega Anna Finocchiaro, responsabile per i rapporti con il Parlamento e Marianna Madia, ministra per la Pa e la semplificazione. Nelle prime file del corteo hanno sfilato il vicesegretario Pd Maurizio Martina, la presidente della camera Laura Boldrini, Nicola Fratoianni, Susanna Camusso, Nicola Zingaretti, Walter Veltroni, Carlo Smuraglia, Riccardo Magi (+Europa), Andrea Orlando, Pietro Grasso, Roberta Speranza, Pierluigi Bersani (Leu). Bersani ha detto: «Se uno fa il saluto romano e ha quei simboli non può partecipare alle elezioni: bisogna dirlo con chiarezza, chi è fuori dalla Costituzione è fuori». Più o meno nelle stesse ore, a Bologna, Simone Di Stefano, di CasaPound, diceva che il suo movimento riconosce e vuole applicare la Costituzione, però senza negare il fascismo.  

E Salvini?
S’è visto a Milano, in una molto affollata piazza del Duomo. Slogan dominante: «Prima gli italiani». Qui s’è notata l’assenza di Roberto Maroni, sempre più sospettato di voler sostenere un governo Renzi-Berlusconi senza la Lega, facendo magari il ministro se non addirittura il premier. Salvini è stato piuttosto solenne. «Non c’entriamo niente coi fascisti». Poi il capo dei leghisti ha giurato, interpretando la parte di un premier: «Mi impegno e giuro di essere fedele al mio popolo, 60 milioni di italiani, di servirlo con onestà e coraggio, giuro di applicare davvero la Costituzione italiana, da molti ignorata, e giuro di farlo rispettando gli insegnamenti contenuti in questo sacro Vangelo. Io lo giuro, giurate insieme a me? Grazie, andiamo a governare».  

Possibile che non ci siano stati incidenti?
A Roma ci sono stati due cortei, due sit-in e il comizio della Meloni. Non è praticamente successo niente. A Milano, quelli del presidio antifascista (protestavano per l’arrivo in città di Simone Di Stefano, leader di CasaPound) hanno tentato di forzare un cordone di polizia al limitare di largo La Foppa: ne è nato un tafferuglio, durante il quale la polizia ha caricato provocando alcuni contusi. Qualche scaramuccia in mattinata era avvenuta in piazza Cairoli, dove sarebbe venuto a parlare, nel pomeriggio, Simone Di Stefano di CasaPound. C’era preoccupazione a Palermo per via del pestaggio a cui quelli dei centri sociali avevano sottoposto, nei giorni scorsi, il dirigente di Forza Nuova Massimo Ursino. Oltre tutto stava arrivando Roberto Fiore, che aveva dato appuntamento ai suoi all’Hotel Excelsior. Polizio e carabinieri hanno circondato l’albergo, la città è stata attraversata da due corteo antifascisti, ma non è successo niente. A Bologna, un bello schieramento di blindati ha impedito incursioni: Simone Di Stefano, all’hotel Europa,.  ha parlato senza problemi a un centinaio di militanti.