La Stampa, 23 febbraio 2018
Giappone, incontri al buio tra genitori per combinare il matrimonio dei figli
In Giappone è in aumento il numero di genitori che partecipano a feste di «matchmaking» nel tentativo di sposare i propri figli. Quella dei matrimoni combinati ovvero «omiai kekkon» (letteralmente, vedere e incontrare prima del matrimonio), è una pratica che risale addirittura all’era Kamakura (XII secolo), e i potenziali partner venivano solitamente fatti incontrare da un intermediario, detto «nakodo».
Oggi sono i genitori che si fanno carico di questa responsabilità, affidandosi alla legge dei grandi numeri (in un solo evento di matchmaking si possono incontrare decine di potenziali partner), come dice un vecchio proverbio giapponese «eta na teppo mo kazu ucha ataru», anche se la pistola è scarsa, dopo molti tentativi alla fine fai centro.
Alla fine degli Anni 30, quasi il 70% dei matrimoni era combinato, nel 1960 il 50%, intorno al 10% negli ultimi anni. Ora il trend sta di nuovo crescendo anche in ragione del fatto che i rapporti tra i generi si sono modificati. Le donne laureate solo una generazione fa avevano davanti la sola opzione del matrimonio, oggi hanno la possibilità di saggiare una propria indipendenza che spesso si tramuta in assuefazione a uno stile di vita al quale non si vuole rinunciare, se non appunto nel momento in cui intervengono «di forza» i genitori. Madri e padri armati di dettagliatissime descrizioni (profili) dei propri figli si presentano nelle hall di grandi alberghi, dove incontreranno decine di altri genitori ansiosi di pescare il candidato che fa per loro.
Un tempo questo tipo di matrimoni era considerato più una fusione tra famiglie che tra individui, avvenivano soprattutto tra i samurai per cementare alleanze. Col tempo l’uso si diffuse anche negli strati della popolazione inferiore. Ancora nel periodo Edo (fine del XIX secolo) il sesso era una pratica tra due individui posti su piani differenti, dove solo uno solitamente lo desiderava, l’altro non aveva scelta (prostituzione o appunto matrimoni combinati). Sino al Giappone prebellico, la maggior parte dei matrimoni prescindeva dalla volontà dei singoli contraenti.
Le cose hanno cominciato a cambiare dopo la Seconda guerra mondiale, quando c’è stata la tendenza ad abbandonare questo tipo di matrimonio restrittivo in favore dell’ideale occidentale di un «renai kekkon» (matrimonio d’amore). Tuttavia, questo nuovo «format» importato dall’estero non poteva e non può tuttora soddisfare tutte le aspettative che un matrimonio genera, prima di tutte quelle dei genitori.
Ad esempio, un matrimonio d’amore è certamente l’ideale, ma non se non promette un partner con le giuste qualifiche. E un matrimonio combinato è ancora un modo sicuro per garantire non tanto una corrispondenza sentimentale, ma certamente una economica e di status sociale. Inoltre non bisogna immaginare i moderni matrimoni combinati come qualcosa di organizzato in segreto all’insaputa dei figli. Oggi, dopo gli incontri preliminari è perfettamente accettabile che una delle parti rifiuti l’altra. Nessuno è ancora riuscito a fare un preciso calcolo di quanti siano i giapponesi che oggi scelgono un «omiai kekkon», ma le stime indicano che il numero si aggira tra il 10 e il 30 percento di tutti i matrimoni.
Va detto che se nei matrimoni cosiddetti d’amore il tasso di divorzio è molto alto (uno su tre), nelle coppie combinate il tasso scende intorno al 10%. Sembra quasi che optando per un matrimonio di tipo tradizionale si affrontino anche le difficoltà di coppia in modo tradizionale, ovvero con molta pazienza e tolleranza.
Non esistono solo i «nakodo» o i «matchmaking party», ma anche applicazioni per smartphone, che permettono di scegliere il partner desiderato fino ai dettagli della statura, o dello stile di vita (se fumatore o meno). Ci sono poi gli intermediari estemporanei che fanno molto meno notizia, ad esempio il capoufficio, se tiene particolarmente a un proprio dipendente, provvederà lui a fare da «intermediario». Accade anche nelle scuole di musica o di ripetizione («juku», ovvero i corsi di lezione supplementari) nelle cittadine di provincia, dove i ragazzi che si sono frequentati da adolescenti vengono fatti rincontrare in età da matrimonio, grazie alla lungimiranza di un professore, che tenendo i contatti di tutte le famiglie della zona provvederà a trasformarsi nel cupido della situazione.