il Fatto Quotidiano, 23 febbraio 2018
Hollywood, sussurri e plagi per “La forma dell’acqua”
Cosa lega in questi giorni l’Italia ad Hollywood? Una data. Quella fatidica del 4 marzo. Da noi, la domenica delle elezioni. Negli States, il gran giorno degli Oscar 2018, giunti alla novantesima edizione. Non solo. Pure sul fronte scandalistico, c’è qualche somiglianza. La sulfurea campagna elettorale italiana è stata punteggiata da scandali a raffica. Lo spoglio delle schede hollywoodiane (le urne saranno chiuse il 27 febbraio) è stato sconvolto da un’imbarazzante accusa di plagio nei confronti del film La forma dell’acqua (The Shape of Water) diretto dal regista messicano Guillermo del Toro, Leone d’Oro a Venezia. Con tredici candidature, è il film destinato a rastrellare più statuette.
Ma adesso, con l’accusa di plagio, rispetterà i pronostici dei bookmakers che lo danno per favorito? Insomma, Hollywood di questi tempi non si fa mancare proprio nulla. Non che avessimo dei dubbi, dopo il fango Weinstein. Però il furto di idee non è un bel biglietto di presentazione, sporca l’immagine e la credibilità di Hollywood nel momento più importante e delicato, quello in cui celebra se stessa davanti a tutto il mondo.
In passato, solo tre pellicole sono riuscite ad avere una candidatura in più: Eva contro Eva, Titanic e La La Land. Ma a zavorrare i voti c’è una denuncia pesante e circostanziata in 22 pagine d’esposto dove sono elencate 60 somiglianze: “Hanno copiato senza vergogna la storia, gli elementi e i personaggi”, è la sintesi dei legali di David Zindel, figlio del celebre drammaturgo Paul, premio Pulizter ed autore della commedia plagiata Let me hear your Whisper, uscita nel 1969. Addirittura, secondo l’accusa di Zindel, sarebbero state utilizzate le stesse parole.
Nel mirino di Zindel ci sono anche il produttore Daniel Kraus e lo studio Searchlight di Fox che respinge seccamente le accuse: “Sono prive di fondamento e arrivano, guarda caso, solo ora, quando i membri dell’Academy Award stanno votando gli Oscar. Si vuole mettere sotto pressione lo studio e patteggiare rapidamente. Ma ci difenderemo con forza e difenderemo con forza questo film originale”.
Ironìa della sorte, La forma dell’acqua è candidato anche nella sezione “migliore sceneggiatura originale”. Tant’è che Guillermo del Toro è subito passato al contrattacco: “È una storia che avevo in mente da quando, a sei anni, ho visto Julie Adams nel Mostro della laguna nera”, ha dichiarato, ricordando che il produttore Daniel Kraus gli aveva “parlato di una storia simile. Ho capito subito che avevamo fatto centro”. Il paradosso è che la sceneggiatura del film è diventata romanzo (in Italia lo pubblica Tre60). Tutto, adesso dipenderà dal giudice, chiamato a stabilire se le accuse di Zindel sono fondate. A meno che le parti in causa non si mettano d’accordo. L’odore dei soldi accende le battaglie sulle accuse di plagio.
Non è la prima volta, non sarà l’ultima. Il mondo del cinema è sempre stato un Far West, quanto a diritti e sfruttamento d’autori, anche a loro insaputa. Le sceneggiature sono come spugne, assorbono spunti, personaggi, trame. È un mercato assai competitivo e spesso senza scrupoli. Ne sa qualcosa Benigni, quando dissero che il suo La vita è bella assomigliava in molti punti al brillante Train de vie. Il confine del plagio è oscillante, spesso impalpabile. Film, libri, canzoni, tesi di laurea, ricerche scientifiche. La creatività è un’industria: dove spionaggio e concorrenza sono spietati. Il legame fra Hollywood e la letteratura è sempre stato stretto come un cappio: al punto che molti autori ci si sono strozzati. Esistono agenzie specializzate nel rintracciare eventuali plagi e limitare i danni. E non si contano i film che hanno raccontato questa giungla di carta e carte bollate.