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 2018  febbraio 23 Venerdì calendario

Dividendi record, la Borsa premia i soci con 1.252 miliardi

Con una ripresa economica che procede ormai in modo sostenuto e sincronizzato a livello globale non era difficile immaginare che i dividendi erogati dalle aziende quotate avrebbero raggiunto un livello da record. Eppure negli ultimi anni, caratterizzati comunque da un’accelerazione della crescita, il primato del 2014 non era stato più battuto: a infilare il bastone nelle ruote era stata l’avanzata del dollaro e quel suo duplice freno sia sugli utili e sulle cedole pagate dalle società americane, sia di riflesso sul valore convertito in divisa Usa di quanto distribuito nel resto del mondo.  
Il 2017, peggior anno del dollaro su scala globale dal 2003, ha però abbattuto anche quest’ultimo ostacolo, così il monte dividendi annuo elargito dalle 1.200 società a maggior capitalizzazione nel mondo è balzato secondo l’indice Janus Henderson Global Dividend a 1.252 miliardi di dollari, il 7,7% in più rispetto al 2016 e oltre i 1.181 miliardi del 2014. Se calcolate su base sottostante, cioè corrette per i tassi di cambio, i dividendi straordinari una tantum e altri fattori non ricorrenti, le erogazioni sono cresciute un po’ meno, ma comunque di un significativo 6,8% che porta a quasi il 75% l’incremento realizzato dal 2009 su scala globale. 
Lepri e tartarughe 
L’avanzata, pur corale, ha tuttavia assunto tinte differenti nelle varie zone del globo: più vivaci nelle aree emergenti (+16,5%), nel Giappone (+8,1%) e soprattutto nel resto dell’Asia (+18,8%); decisamente più sbiadite in Europa, soprattutto quella continentale (+1,9%), che pure sembrava aver finalmente ingranato la marcia. Gli Stati Uniti, nonostante una crescita leggermente inferiore alla media (5,9%), sono tornati a rappresentare il fattore trainante visto che a Wall Street si sono distribuiti oltre un terzo dei dividendi mondiali (438 miliardi) e hanno raggiunto i massimi storici, come altri 10 dei 41 Paesi considerati nella ricerca, Giappone, Hong Kong, Taiwan, Svizzera e Paesi Bassi compresi.
Sul dato in parte deludente europeo hanno influito elementi specifici quali il calo dei dividendi straordinari (la crescita sottostante, cioè depurata dai fattori straordinari, è stata del 2,7%) e la penalizzazione determinata dall’euro debole nel corso del secondo trimestre (periodo in cui tradizionalmente si concentra la maggior parte dei pagamenti). Anche gli ultimi tre mesi del 2017 sono stati inferiori alle attese, se si esclude una maxi-cedola da 1,2 miliardi versata dal gruppo olandese Akzo Nobel, principalmente per i tagli operati dalle francesi Edf ed Engie, oltre che dall’iberica Telefonica.  
L’Europa e il limbo italiano 
Nel complesso, durante l’anno la Francia non è riuscita a confermare un 2016 eccellente (+0,5% su base sottostante) e la Spagna ha accusato un calo per il terzo anno consecutivo (-2,5%), mentre la Germania ha riguadagnato posizioni (+6,8%), mostrando la crescita più rapida insieme ad Austria, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi e Svizzera. L’Italia resta avvolta da una sorta di «limbo»: i dividendi crescono sì (+3,2% a 12,9 miliardi di dollari e +1,6% se si escludono l’effetto cambi e le altre voci straordinarie), ma meno che altrove. «I grandi gruppi non hanno avuto buoni risultati negli ultimi cinque anni, società come Eni e Telecom Italia hanno tagliato le cedole, alla pari della gran parte delle banche», ammette Ben Lofthouse, Director of Global Equity Income di Janus Henderson, lasciando comunque una nota di speranza: «Dopo i recenti aumenti di capitale e con una maggior chiarezza sulla regolamentazione bancaria – sottolinea – c’è qualche speranza che il settore finanziario possa ricominciare ad aumentare i dividendi». 
Le società più «generose» 
Tornando al dato globale, poche sono invece le sorprese a livello settoriale, con un aumento delle distribuzioni ben diffuso (tranne le telecomunicazioni, nel quale i valori sono rimasti invariati) e un’accelerazione particolarmente pronunciata nel comparto minerario (+27%). Fra le singole società più «generose» si conferma invece Royal Dutch Shell con 16,2 miliardi di dollari, mentre le prime posizioni della classifica risultano sostanzialmente invariate se si eccettua il balzo in avanti fino al secondo posto di China Mobile (15,9 miliardi), che ha fatto scivolare di conseguenza di un gradino Exxon Mobil, Apple e Microsoft. In questa particolare graduatoria le italiane non appaiono prima del 62esimo posto (Eni, con 3,33 miliardi di dollari) e 68esimo posto (Intesa Sanpaolo, 3,16 miliardi). Spicca invece l’assenza di UniCredit, uno dei gruppi a cui probabilmente fa riferimento l’analista, che non ha pagato cedole nel 2017 perché impegnata nella ricapitalizzazione, ma tornerà a farlo nel 2018 come già annunciato.
Prospettive rosee nel 2018  
La tendenza alla ripresa diffusa e il dollaro debole si sono ripresentati anche in questi primi 50 giorni del nuovo anno, e per questo è lecito attendersi un bis del 2017 anche per le cedole distribuite. «Considerato lo scenario economico molto positivo ci aspettiamo che nel 2018 i dividendi globali registrino nuovi record, con una crescita sottostante per il 2018 del 6,1% e una costante espansione in ogni regione del mondo», osserva Lofthouse. Il cambio favorevole potrebbe poi spingere la crescita complessiva di nuovo a+7,7% e fino a un nuovo record a 1.348 miliardi: con la speranza che anche l’Italia possa giocare un ruolo da protagonista.