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 2018  febbraio 22 Giovedì calendario

Italiani scomparsi: indagati 33 agenti messicani

«Liberate i napoletani in Messico»: sembra esserci voluto lo striscione esposto dai tifosi del Napoli allo stadio San Paolo durante la partita con la Spal per smuovere a un tempo la stampa messicana, le autorità locali e anche l’ambasciata italiana sul caso della scomparsa di Francesco Russo, Raffaele Russo e Vincenzo Cimmino. Ma invece di chiarirsi la situazione si fa ancora più intricata, con da una parte 33 poliziotti che sono stati messi sotto inchiesta; dall’altra le voci insistenti secondo cui per lo meno uno dei tre desaparecidos avrebbe avuto precedenti penali proprio in Messico. 
La notizia principale, comunque, è che si è svolto in Messico un primo incontro tra il procuratore dello Stato di Jalisco, il pm locale e il responsabile italiano dell’Interpol cui la Procura di Roma ha dato la delega del caso. Un vertice per fare il punto sulle indagini che per la Procura di Roma sono coordinate dal pm Sergio Colaiocco, ma che viene a ormai tre settimane dalla scomparsa, e subito dopo la denuncia dei familiari di essere stati «abbandonati sia dalle autorità italiane che da quelle messicane» e di essere stati costretti a lasciare il Messico «per paura». «Né l’ambasciata d’Italia in Messico né la Procura Generale di Jalisco ci hanno chiamati», aveva detto Francesco Russo. «Abbiamo dovuto fare tutto con le nostre mani». Gli scomparsi sono suo padre Raffaele Russo, 60 anni; suo fratello Antonio, 25; e suo cugino Vincenzo Cimmino, 29, tutti di Napoli. L’ultima volta li hanno visti il 31 gennaio a Tecalitlán, circa 700 km da Città del Messico. I loro familiari hanno presentato una denuncia il primo febbraio presso la Procura di Jalisco. Non è in realtà molto chiaro il profilo professionale dei tre: secondo la stampa italiana facevano import-export di generatori elettrici; nella stampa ispanica si parla invece di tre venditori ambulanti «de chaparras y perfumes». Giubbotti e profumi. Comunque Raffaele, indicato anche dalla stampa ispanica come «pensionato», arrivò in Messico lo scorso settembre e con lui c’erano anche Francesco e l’altro fratello Daniele, che hanno poi lasciato il Paese. 
Il padre ha parlato con l’Italia l’ultima volta alle 14,30 del 31 gennaio: già mezz’ora dopo era irreperibile. Antonio ha invece inviato tre audio in cui diceva che erano stati fermati da poliziotti in una stazione di servizio. In seguito sarebbero stati obbligati a seguire un poliziotto in motocicletta, e le ultime informazioni li descrivevano circondati da motociclette e da una pattuglia. Poi più nulla. L’ultimo segnale Gps indica che le due camionette da loro affittate sono state lasciate sulla strada di Tecalitlán verso Jilotlán de los Dolores. Anch’esse sono però fisicamente sparite. 
Che qualcosa nel comportamento della Polizia di Tecatitlán non convinca sembra dimostrato dalla decisione del Pm Raúl Sánchez, che ha annunciato in conferenza stampa di aver messo sotto indagine tutti e 33 gli agenti di servizio nella località, che conta su 16.500 abitanti. Sono stati così portati a Città del Messico per accertamenti, e altri agenti sono stati chiamati da altre località per sostituirli intanto che le cose vengono chiarite. Quasi per par condicio, però, i messicani ipotizzano che gli scomparsi potrebbero avere avuto qualcosa a che fare con i violentissimi narcos del Cártel de Jalisco Nueva Generación, che è nato appena nel 2011 ma si è già fatta una reputazione raccapricciante. «Stiamo chiedendo all’Italia documenti per tutti e sei gli italiani, non solo per i tre che sono scomparsi», ha comunque aggiunto lo stesso Sánchez, aggiungendo che Russo avrebbe avuto precedenti penali risalenti al 2014 per false fatture e vendita di macchinari con logotipi contraffatti. Cosa che fa indignare i parenti. «La procura di Guadalajara (capoluogo del Jalisco) indugia su dicerie legate agli interessi dei nostri cari in Messico per coprire il loro insuccesso e la situazione di stallo nelle operazioni di ricerca», denunciano.