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 2018  febbraio 23 Venerdì calendario

«Rispondemmo a un annuncio sul giornale. Così nacque quella squadra». Intervista a Maura Fabbri

ROMA Erano tutte giovanissime, molte erano lì per aver risposto a un annuncio su un giornale. Tra le undici ragazze che affrontarono la Cecoslovacchia a Viareggio c’era pure Maura Fabbri, all’epoca diciassette anni della Acf Genova.
Signora Fabbri, che effetto faceva essere parte della prima nazionale femminile di calcio?
«Fu una cosa nuova, voluta, improvvisa. La cosa più bella fu incontrare le altre ragazze che giocavano con Roma, Piacenza, Fiorentina, Juventus. Ma non c’era nemmeno la Federazione, la organizzammo noi, le pioniere del movimento: volevamo fare bella figura e far capire che potevamo giocare come i maschietti».
E vinceste 2-1...
«La Cecoslovacchia era fisicamente più forte di noi. Ma noi avevamo il classico estro italiano che distingueva pure la nazionale maschile».
Come si arrivò a quella partita?
«Non esistevano molte nazionali: Francia, Spagna, Danimarca, Cecoslovacchia. Mentre Germania e Inghilterra non ne avevano ancora una. Noi avevamo iniziato giocando in piazza con gli amici e nei campetti sotto casa. Poi in quel periodo qualcuno pensò di formare delle squadre. A Genova Sandra Revello e sua mamma misero un annuncio sul giornale, rispondemmo in parecchie. Per farci conoscere giravamo tutti i campi della Liguria. Non trovavamo grosso apporto della Federcalcio, ma poi nacque la prima Serie A. E avevamo un pubblico di oltre 3mila persone. Con il prezzo del biglietto, potevamo pagarci le trasferte. Si giocava a Roma, a Napoli, a Cagliari, a Torino, a Piacenza, a Bologna. E presto vennero a vederci anche i maschietti, come Fulvio Bernardini quando allenava la Samp: non eravamo discriminate come oggi, che c’è il pregiudizio dell’omosessualità e non si trova uno sponsor».
La vostra partita più emozionante?
«L’emozione maggiore fu nel ‘72, quando ci invitò in Iran lo Scià di Persia: giocammo allo stadio di Teheran contro l’Iran, ragazze iraniane in campo in calzoncini e senza chador».
Vi sentite ancora con le ragazze?
«Vorremmo organizzare a giugno un ritrovo per i 50 anni dal primo campionato, ma si fa fatica: magari qualcuno in Figc leggendo l’intervista deciderà di darci una mano».