Corriere della Sera, 23 febbraio 2018
La mossa del cavallo, mafia e intrighi di potere nella Sicilia-Far West di Camilleri
Roma «Sono preoccupato per la trasposizione in fiction della Mossa del cavallo, perché Montalbano ha raggiunto livelli altissimi di consenso, e provo un po’ di paura. Non vorrei che qualcuno venisse sotto la mia finestra gridando di notte “Montalbano santo subito”». Andrea Camilleri esordisce con la consueta ironia, presentando il tv-movie tratto dal suo romanzo omonimo, prodotto da Palomar e Rai Fiction, in onda su Rai 1 il 26 febbraio con la regia di Gianluca Tavarelli.
Protagonista, stavolta in abiti ottocenteschi, Michele Riondino nel ruolo dell’ispettore capo ai mulini Giovanni Bovara, incaricato di far rispettare l’odiata tassa sul macinato. Siamo agli albori dell’Unità d’Italia in una Sicilia povera, ignorante, già pervasa da sapori mafiosi e «anche un po’ western – osserva Tavarelli – non a caso il sottotitolo della fiction è “C’era una volta Vigata”, un omaggio a Sergio Leone. Quella Sicilia era una terra di frontiera».
Il giovane e determinato ispettore, siciliano di nascita ma sempre vissuto a Genova, deve fare i conti con intrighi di potere, passioni morbose e complicati depistaggi. Riuscirà a far trionfare la giustizia solo ritrovando la sua originaria sicilianità per entrare nella mentalità di chi vuole eliminarlo. Sottolinea Riondino, che in passato è stato il giovane Montalbano: «Ogni personaggio che interpreto di Camilleri mi fa crescere, mi aggiunge qualcosa». Spiega lo scrittore: «Mi sono ispirato a un personaggio realmente esistito, che però parlava in milanese e a me venivano i brividi a scrivere in milanese, così ho scelto il genovese che conosco meglio. Mi chiedo però – continua Camilleri – come reagirà uno spettatore, ormai pieno di bacilli montalbaniani, sedendosi davanti a un altro mondo. La mossa del cavallo è un romanzo duro. C’è chi dice che Montalbano è rassicurante, bontà sua, si rassicura con poco... ma questa è un’altra storia che riguarda gli errori che furono fatti dopo l’Unità d’Italia: non solo le tasse sul macinato, anche la leva obbligatoria, che toglieva alle famiglie povere i figli maschi, dunque forza-lavoro».
E a proposito di errori politici, Camilleri non rinuncia a una battuta sull’attuale campagna elettorale: «Non parlo di questa campagna elettorale: non è né campagna, né città, è una cosa disgustosa fatta di false promesse e di insulti reciproci,litigi fra comari. Una grande decadenza della politica, che non ha più la “p” maiuscola ma minuscola. Il divario tra nord e sud è spaventoso. Ho sentito alla radio che a Trento si vive 3 anni in più che al sud. Altroché gli errori dell’800: siamo arrivati a pescare quelli del ‘300 per arrivare al punto in cui siamo».
Lo scrittore, però, è contento di essere considerato ambasciatore di Sicilia: «Ricevo centinaia di messaggi dagli stranieri e so che una linea aerea va da Londra a Comiso, per chi vuole vedere i luoghi di Montalbano che è arrivato in 63 Paesi: tranne la Cina, dove non è amato perché è un funzionario disubbidiente».