Corriere della Sera, 23 febbraio 2018
Lettere e taccuini. Così il mondo scopriva Pompei
Mai una cosa così tragica ha reso così ricca la conoscenza, scrisse Goethe a proposito di Ercolano e Pompei. A 280 e 270 anni dalla scoperta delle due città sepolte nel 79 d.C., una mostra che si inaugura domani al M.a.x. museo di Chiasso ( Ercolano e Pompei. Visioni di una scoperta, a cura dell’ex sovrintendente Giovanni Guzzo, Maria Rosaria Esposito e Nicoletta Ossanna Cavadini, catalogo Skira, fino al 6 maggio) e che poi verrà in Italia al Museo archeologico di Napoli (Mann) propone una rilettura delle scoperte attraverso le forme di comunicazione dei ritrovamenti.
Le lettere furono il primo mezzo di comunicazione: ci sono quelle (critiche) di Winckelmann, quelle dell’erudito conte di Caylus, di Goethe e Stendhal. La grafica divenne poi la forma di testimonianza privilegiata, che trova la sua celebrazione nei volumi delle Antichità di Ercolano esposte curate dall’Accademia Ercolanense. I viaggiatori, incuriositi da queste incisioni, presero a visitare le città lasciando schizzi e taccuini come quello di William Gell (esposto per la prima volta), che servirà al nobile inglese per comporre i tre volumi della sua celebre Pompeiana. Gell fece da guida a Walter Scott, fondatore del romanzo storico. Anche i Piranesi, padre e figlio, disegnarono e incisero le antichità vesuviane. Sono poi riunite in mostra le planimetrie dell’ingegnere svizzero Karl Jakob Weber, a fianco di Les ruines de Pompéi di François Mazois (volume finanziato da Maria Carolina, sorella di Napoleone), quindi gouache come quelle di Antonio Coppola (meglio delle simulazioni virtuali), litografie e cartoline...
La mostra espone una cinquantina di disegni oltre a 20 matrici e acquerelli, acqueforti e illustrazioni, ma anche 23 reperti archeologici relativi a queste immagini, che provengono dai depositi del Mann. Sono pezzi mai visti e che non privano i visitatori dell’Archeologico di pezzi esposti. Grazie al piano «Mann nel mondo» sono in corso altre tre mostre con materiali che provengono da questi depositi: a Bruxelles, in Usa e in Cina. Tra i reperti esposti in Svizzera, l’anello di Carlo III con un cameo del XVIII secolo e un bracciale serpentiforme in oro con occhi in rubini proveniente dalla Casa del Fauno.