Libero, 21 febbraio 2018
Il governo porta le imprese in Albania
Una missione di sistema di poche ore, alle porte delle elezioni, per sottoscrivere un memorandum d’intesa tra Italia e Albania. I tempi dei barconi che tentavano la fortuna da Tirana verso le coste pugliesi sono un lontano ricordo. Oggi l’economia albanese è diventata terra d’attrazione per le nostre imprese. Certo le infrastrutture del Paese sono ancora modeste, ma il costo dell’energia ridotto, i salari bassi, la vicinanza e facilità di collegamento con il mercato europeo e del Mediterraneo e la diffusione dell’italiano quasi come seconda lingua rappresentano un fattore d’attrazione non irrilevante.
Di sicuro i tradizionali rapporti tra i due Paesi rappresentano un’ottima premessa per rilanciare anche quelli economici. Con oltre duemila imprese italiane stabilmente presenti per un fatturato aggregato di ben 20 miliardi Tirana rappresenta un mercato di sbocco e proiezione verso i balcani e tutta l’area del Mediterraneo.
Un po’ in extremis il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Ivan Scalfarotto, ha aperto i lavori della prima Missione di Sistema in Albania, ricordando che «ci sono grandi potenzialità da sfruttare».
L’Italia è il primo partner commerciale dell’Albania, non solo a livello europeo ma anche mondiale. L’interscambio è cresciuto ininterrottamente dell’80% nell’ultimo decennio. «Nel 2016 si è attestato a 2,2 miliardi di euro con un saldo positivo di circa 370 milioni. Nei primi mesi del 2017 l’interscambio è salito del 10%, con un aumento dell’import del 14% e dell’export di quasi l’8%».
Il piccolo Stato balcanico potrebbe rappresentare «la porta» ha scandito il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia,, considerando l’Albania «un grande paese strategico: le opportunità sono potenzialità e dobbiamo cominciare a immaginare cosa potremmo essere e cominciare a fare sistema».
Il problema non è certo la disponibilità albanese. Dalle infrastrutture (ferrovie, strade, energia) alle costruzioni, passando per l’agroalimentare e il turismo il ventaglio di possibilità è infinito. Le oltre 2.600 imprese miste italo-albanesi sono soprattutto piccole e medie. Poi c’è qualche grande investimento che stenta a decollare. Come il Tap, il Trans adriatic pipeline, arenato. Si tratta del famoso gasdotto sottomarino che dovrebbe portare gas in Italia svincolandoci dalle reti di approvvigionamento transalpine.
Da anni il braccio di ferro tra Regione Puglia e governo ha impantanato un progetto che potrebbe portare investimenti miliardari. Non solo in Albania, ma soprattutto in Italia. Scalfarotto e Boccia sono consapevoli di questo grande scoglio procedurale e burocratico. Inevitabile quindi che anche nel corso della Missione si finisca per parlare del Tap bloccato. «Se le infrastrutture diventano un dibattito ideologico è un errore», sintetizza Scalfarotto, mentre il presidente di Confindustria snocciola tutte le difficoltà che ci sono nel nostro Paese.
Boccia ammette che si tratta di «uno dei limiti del nostro paese: quando le infrastrutture diventano dibattito ideologico è un errore metodologico». Scalfarotto rilancia: «È un errore metodologico e ma anche un errore per il Paese». Anche perché, ammette, «abbiamo bisogno di diversificare le nostre fonti di approvvigionamento e vogliamo dell’energia più pulita. L’Italia è in primissima linea nelle rinnovabili ma dobbiamo fare di più e se il gas è la fonte tradizionale che inquina di meno qual è dunque alternativa al Tap? Il resto è solo ideologia: il governo è fermamente impegnato a realizzare il progetto».
Vero, verissimo. Se non fosse che la realizzazione del Tap si blocca a singhiozzo dalle proteste (l’altra settimana anche una sassaiola contro i lavori e il blocco dei mezzi pesanti). Certo ricordarsi il 20 febbraio, a due settimane dal voto, che l’Albania rappresenta una porta strategica per l’Italia appare bizzarro.