Il Messaggero, 22 febbraio 2018
Berlusconi ha un piano B: una Camera ai democrat
ROMA Il piano A è quello di portare il centrodestra sopra il 40%. Berlusconi lo ha ribadito anche a Manfred Weber arrivato a Roma per confermare il sostegno del Ppe, garantendogli che farà da argine ai populismi e che frenerà le mire antieuropee di Salvini. Ma qualora la coalizione non raggiungesse la fatidica soglia, in Forza Italia c’è la consapevolezza che tornare al voto non sarà certamente facile.
LA SQUADRA
Il Cavaliere ieri è stato confortato dalle parole di Jean Claude Junker, presidente della Commissione Europea, che ha espresso l’auspicio che in Italia dopo il voto vi sia «un governo che governi». Berlusconi ha presentato a Weber Renato Brunetta come «il nostro prossimo ministro dell’Economia». In realtà l’attuale capogruppo FI, se il centrodestra dovesse vincere, è in ballo, al pari di Romani, piuttosto per il dicastero dello Sviluppo. Possibili ruoli di governo anche per Carfagna, per esterni come Costamagna (anche lui in corsa per via Venti settembre), Cottarelli (Spendig review) e Gallitelli (Difesa). Salvini vuole Giulia Bongiorno alla Giustizia, ma non gradisce affatto queste fughe in avanti dell’alleato. «Da Berlusconi arriva un ministro al giorno...», ha ironizzato a denti stretti. Si fanno anche i nomi di Gelmini e Calderoli se le presidenze delle Camere dovessero andare al centrodestra.
Il Cavaliere anche ieri è tornato a dire che nell’eventualità di un pareggio il Colle dovrà rimandare gli italiani alle urne. In realtà ha rassicurato il suo ospite che sul dopo elezioni tutto è in gioco, qualsiasi scenario è aperto. Lo schema di lasciare Gentiloni a palazzo Chigi non è tramontato. «Se non ci dovesse essere una maggioranza stabile di centrodestra il problema è sempre lo stesso sottolineano nel partito azzurro -, il Pd non ha certo i numeri e la Lega farà blocco» ad un eventuale governo di scopo. Il progetto allora è quello di raccogliere transfughi M5S (anche se Salvini ha già detto di non essere affatto d’accordo) o tra i centristi che approderanno in Parlamento.
IL PIATTO
Anche nell’eventualità di una vittoria risicata, per allargare le maglie della maggioranza FI potrebbe mettere sul piatto le presidenze di Camera e Senato, magari per Franceschini se la scelta cadrà sull’Aula di Montecitorio o per la Bonino se fosse palazzo Madama, sempre in un’ottica di assicurare stabilità all’Europa. Del resto Weber ieri ha lanciato due messaggi. Il primo: «L’Europa sta aspettando una voce forte italiana, Berlusconi è il più pragmatico, ha un approccio europeista». Ancora più importante il secondo: «Penso che in campagna elettorale sia necessario evidenziare le differenze, ma dopo è necessario fare compromessi e assumersi le responsabilita». Un segnale quindi che occorrerà evitare che il nostro Paese sia in balia della tempesta. Il capogruppo del partito Ppe ha fatto capire di essere il grande elettore a Strasburgo di Antonio Tajani, colui al quale Berlusconi pensa per palazzo Chigi in caso di vittoria. E infatti nella sede di FI di San Lorenzo in Lucina Berlusconi, Tajani e Weber hanno avuto un colloquio a tre. Con quest’ultimo autore di un endorsment nei confronti dell’amico per un eventuale corsa a palazzo Chigi: «Antonio sta facendo un buon lavoro», ma se sarà indicato come premier dopo il voto «dipenderà da come voteranno gli elettori».
L’obiettivo del Ppe è stoppare M5S ma anche non permettere che il Carroccio possa prendere più voti di FI. L’ex presidente del Consiglio a La7, dopo aver detto che non farà confronti tv perché non gli conviene, ha fornito pure dei sondaggi: «La Meloni ha una forza politica che ha il 5% dei voti totali, Salvini ha il 15%, noi siamo al 18%». Proprio gli alleati stanno preparando una manifestazione congiunta a Roma: il primo marzo al teatro Brancacccio. Meloni ha lanciato la proposta, Salvini, stavolta, l’ha raccolta. Berlusconi no: «È meglio stare in tv due volte al giorno per convincere gli indecisi invece che andare in un teatro dove viene già chi vota per noi».