il Giornale, 22 febbraio 2018
Neruda, Jobs e Woody Allen. Grandi geni e pessimi papà
Il lato oscuro dei geni che non riescono a fare i padri è proprio lì, a un passo dal talento. La vita e il successo. Applausi e ammirazione, l’ingegno che sgorga e brucia nelle vene. L’onore e la gloria, eppure sentire che qualcosa non c’è. Il fuori controllo che terrorizza, l’imprevedibile che sfugge al razionale che meglio cancellare. Fuori il pubblico che applaude. «Ti manderò un bacio con il vento e so che lo sentirai, ti volterai senza vedermi ma io sarò lì». Scriveva così Pablo Neruda, il più grande poeta del XX secolo. «Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni». Versi immortali che hanno fatto sognare generazioni di innamorati. Eppure il premio Nobel, non riuscirà mai a sentire tenerezza per Malva Marina, la sua unica figlia. Quella bambina che lui definiva «un essere perfettamente ridicolo». La piccola nata idrocefalica a Madrid nel 1934, abbandonata e nascosta; mai una carezza, mai una parola affettuosa per lei. Oggi, 84 anni dopo, la poetessa e scrittrice olandese Hagar Peeters, alza il sipario su questa tragedia taciuta, e racconta di quella piccina ripudiata e beffeggiata dal padre, lo stesso uomo capace di scrivere versi di una profondità e umanità unica. Malva morì otto anni dopo a Gouda, in Olanda, senza mai un abbraccio di Neruda. Genio perfetto e così arido e insensibile. Sorpreso e inebetito davanti all’eccezione. «Una specie di punto e virgola» arrivò a dire di lei.
E una macchia c’era anche nel quadretto perfetto e invidiabile che avrebbero voluto i Kennedy. Joseph e Rose hanno fatto di tutto per avere la famiglia modello; felicità da immortalare con sorrisi accennati su un prato verde-ordinato. Figli presidenti d’America, eroi della patria, tutti tranne una: Rosemary, la figlia segreta dei Kennedy nata con un leggero ritardo mentale, quella da tener da parte, lontana dall’obbiettivo della macchina fotografica perché rovina le foto. Imperdonabile e inaccettabile per i genitori. E a 23 anni si decisero per una soluzione definitiva: sottoposta a una lobotomia che anziché aiutarla peggiorò molto le sue condizioni. Da quel momento fu costretta a passare il resto della vita in un istituto di cura.
Uomini che non sanno essere padri. Eppure. Non ometti qualunque ma talenti straordinari, eccezionali.
Steve Jobs incantò i ragazzi di tutto il mondo con il suo discorso all’università di Stanford, un testamento spirituale al grido di «Stay Hungry. Stay Foolish», siate affamati, siate folli. Lui che raccontò della sua storia, fatta d’amore e di perdita, di bambino abbandonato e poi adottato e poi ancora abbandonato e adottato. Ma non gli è servito a risparmiare il dolore a Lisa, la sua primogenita. I rapporti tesi e rancorosi con la madre di lei, le richieste di soldi, lui che dice «non cedo ai ricatti» e rifiuta di aiutarle, lui che è stato uno degli uomini più ricchi del mondo, opere di bene e cadute di stile. Cattiverie e ripicche da Kramer contro Kramer, di mezzo la ragazza, a cui non ha voluto risparmiare alcun dispiacere. Ci sono voluti anni di prima che la figlia di Woody Allen, Dylan, trovasse la forza di vincere quel senso di vergogna e di colpa e denunciare le violenze sessuali subite dall’uomo.
Padri brillanti e vincenti, dietro, quel lato nero dell’anima. Il buio oltre la siepe racconta un uomo opposto: Atticus è il padre modello. Serafico e giusto. Esemplare e amorevole, motore di tutta la storia scritta con la consapevolezza dell’autobiografia da Harper Lee. Un padre esempio di umanità quasi sovrumana, che si sacrifica per tutti. Lontanissimo dal genio che non sa essere padre.