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 2018  febbraio 22 Giovedì calendario

Così Jean Van Roy ha salvato la birra di Bruegel il Vecchio

In molte realtà, spesso, la tradizione diventa modernità. O meglio la modernità è un perfetto mix tra passato e presente. La gastronomia è sicuramente una di queste e la storia di Jean Van Roy che vi racconto oggi ne è un chiaro esempio. Figlio d’arte, è nato e cresciuto nel birrificio di famiglia, al 56 di rue Gheude ad Anderlecht ( Belgio), dove nel 1900 il suo bisnonno Paul Cantillon aveva trasferito la sede dell’azienda di famiglia. A quell’epoca il signor Cantillon non faceva il birraio ma l’assemblatore, professione tuttora diffusa da queste parti che consiste nell’acquistare lambic da diversi birrifici per poi miscelarli, alla ricerca dell’equilibrio perfetto. La produzione di birre sarà avviata solo nel 1937, con l’acquisto degli impianti per la birrificazione, alcuni dei quali ancora presenti nel birrificio.
Il lambic è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione spontanea di malto d’orzo e frumento non maltato. Ancora oggi viene prodotta solo nei mesi più freddi dell’anno, pratica indispensabile prima dell’invenzione dei frigoriferi. I microrganismi presenti nel birrificio, come lieviti, batteri e funghi, sono i più grandi alleati dei produttori. Non possono essere scelti, sono autoctoni ed è grazie al loro lavoro che il mosto diventa alcolico e il prodotto finale ha quel profilo aromatico particolare, spiccatamente acido. Un’acidità complessa, viva, dalle molte sfumature. Ma proprio questa unicità ha rappresentato, tra gli anni Settanta e Ottanta, il più grande ostacolo alla sua esistenza. Un’acidità che per secoli ha contraddistinto il lambic, che sicuramente c’era quando Bruegel il Vecchio dipingeva brocche debordanti di questa birra nei suoi quadri, nella seconda metà del XVI secolo. Un’acidità che, con la diffusione delle birre industriali, è diventata spiacevole, inducendo molti produttori ad addolcire i loro lambic con saccarina e altri edulcoranti, così da renderli più vicini ai gusti dei consumatori moderni, tradendone però storia e natura. Molti, ma non Jean- Pierre Van Roy, padre di Jean, che assume la guida del birrificio dopo il matrimonio con la nipote di Paul Cantillon. Aveva chiaro in testa che la tradizione del vero lambic andava a tutti i costi preservata. Il tempo gli avrebbe poi dato ragione. Il tempo è anche quello di cui ha bisogno il lambic per diventare un prodotto complesso e straordinario. «Il tempo non rispetta chi fa senza di lui» si trova scritto all’interno del birrificio. Credo e passione che il giovane Jean ha fatto proprie quando, a soli 19 anni per motivi familiari, si è trovato a condurre l’attività di famiglia. Ho incontrato Jean nel birrificio e subito mi ha colpito per la determinazione nel difendere le proprie idee e la pacatezza con cui le espone, segno di un’assoluta certezza sulla qualità del lambic. Il vento della rivoluzione della birra artigianale che stava soffiando negli Stati Uniti arrivò agli inizi degli anni Novanta anche in Belgio e fu così che quelle birre poco apprezzate in patria divennero veri e propri oggetti di culto Oltreoceano e in molte nazioni europee. Quel gusto acido tornò a essere fonte di piacere. E così continua a essere oggi. Nel 2016 abbiamo creato insieme a Jean Van Roy il Presidio Slow Food del lambic tradizionale, proprio per tutelare la versione autentica di questa birra. Oggi i suoi appassionati sono sparsi in tutto il mondo, eppure il lambic non può dormire sonni tranquilli. A metterlo in pericolo è il cambiamento climatico: con l’aumento delle temperature e il restringersi dell’inverno, per Jean il periodo adatto alla produzione si è ridotto e se continuerà così si restringerà sempre di più.