la Repubblica, 22 febbraio 2018
Tenute e castelli. I feudi di Zonin dal Veneto agli Usa
MILANO Le vittime del crac della Banca Popolare di Vicenza possono tirare un piccolo sospiro di sollievo. I 6 miliardi andati in fumo in Borsa bruciando i risparmi di 118mila azionisti sono, salvo miracoli, persi per sempre. Il conto però (forse) non lo pagheranno solo loro. La caccia al tesoro di Gianni Zonin padre-padrone per 19 anni dell’istituto veneto – è arrivata al redde rationem. Il tribunale ha ottenuto il sequestro di un pezzo delle casseforti che controllano l’impero enologico di famiglia, girato a moglie e figli – come nel gioco delle tre tavolette – alla vigilia del dissesto. Il boccone è appetitoso: ci sono tra l’altro un’Abbazia milletrecentesca a due passi da San Gimignano, un Castello medioevale in Piemonte dove qualche secolo fa spadroneggiavano (parola del Codex Astensis) i Templari. Più 2mila ettari di vigneti pregiati, un paio di etichette – un Chianti del 2014 e uno Syrah siciliano del 2015 – insignite dei tre bicchieri del Gambero rosso, una tenuta di 500 ettari in Virginia con casa padronale disegnata dall’archistar Thomas Jefferson, più noto agli storici come terzo presidente Usa.
Beni che in futuro – se la giustizia darà ragione ai creditori potranno venir buoni per risarcire le persone danneggiate.Nessuno, ovviamente, si fa troppe illusioni. Oggi come oggi l’intervento a gamba tesa del tribunale non cambia le cose.
Domenico, Francesco e Michele, i tre figli dell’ex-numero uno di Popolare Vicenza continueranno a gestire – finora l’hanno fatto con successo – la Casa Vinicola Zonin, un colosso da 193 milioni di ricavi e cinque di profitti. E il controllo dell’azienda non pare in discussione.
La mossa della procura strappa però loro papà da quella situazione di nullatenente (o quasi) che il banchiere si era cucito addosso per non pagare il conto del crac. La politica di dismissioni “mirate” in famiglia ha ridotto all’osso i beni che gli sono rimasti in portafoglio: un bosco ceduo a Gambellara, la prima tenuta di famiglia, 550 metri quadri di “cappelle e oratori non destinati al culto” a Radda in Chianti e pochi vani in area berica.
Briciole. La polpa del tesoretto, accumulato in parte grazie ai 180 milioni di prestiti ottenuti dalla Popolare Vicenza, ha cambiato padrone con gran tempismo prima della bufera finanziaria. La villa del ‘500 a Montebello dove risiedeva e altre pertinenze – valore 10 milioni per Federcontribuenti sono state girate a moglie e figli a fine 2015. E Gianni, con prudenza, ne ha tenuto solo l’usufrutto, bene senza alcun valore in un’aula di tribunale.
La partita dell’azienda vinicola di casa è stata sistemata con una doppia mossa a fine 2015. Prima con un aumento di capitale che ha mandato in minoranza l’ex-numero uno della Popolare di Vicenza passando il controllo ai suoi ragazzi. Poi con uno strategico “patto di famiglia” firmato davanti al notaio a marzo 2016 che ha girato ai tre “eredi”, le altre quote di minoranza rimaste nel portafoglio. Quelle appena congelate dal tribunale nella speranza di recuperare (valorizzandole) i soldi con cui rimborsare le parti civili.
Sotto il cappello della Casa vinicola Zonin – e in via teorica nel mirino, almeno in parte, dei creditori – c’è un ventaglio di proprietà a cinque stelle: si va dai 550 ettari di viti di Ca’ Bolani in Friuli (la tenuta di Aquileia scelta come buen ritiro da Zonin dopo il crac) all’azienda Principi di Butera in Sicilia, ex proprietà dei Principi di Bianciforte e dei Lanza di Scalea; dai vigneti storici della Vernaccia di San Gimignano al Castello del Monferrato che ospitava centinaia di anni fa i Cavalieri custodi del Sacro Graal fino ai 430 ettari della Rocca di Montemassi in Maremma. Una distesa di vigneti, ulivi e pini marittimi con annesso lago naturale e museo della Civiltà rurale voluto da Zonin e signora. In totale nove tenute storiche da sogno in Italia più una testa di ponte in Virginia negli Usa (dove il gruppo fattura 70 milioni l’anno): qui Zonin ha acquistato nel 1976 la prestigiosa dimora agricola del governatore James Barbour, comprensiva di “mansion” disegnata a inizio ‘800 da Jefferson. Le leggende metropolitane dicono che Zonin sia proprietario pure di latifondi in Sudamerica e e Sud Africa, beni di cui però la procura finora non ha trovato traccia.
La caccia al tesoro del banchiere entra ora in stand-by. Lui ha già pagato una multa di 370 mila euro alla Consob per illeciti nella vendita di azioni alla clientela. La Popolare Vicenza gli ha chiesto di risarcire in solido con gli ex-dirigenti due miliardi di danni mentre i pm hanno domandato il rinvio al giudizio. I creditori però, grazie ai sequestri di questa settimana, hanno un filo di speranza in più di recuperare almeno una parte dei soldi persi. Se il tribunale darà loro ragione, visti i beni in ballo, almeno un brindisi è assicurato.