Avvenire, 22 febbraio 2018
Sempre più giovani uomini «rapiti» e costretti a sposarsi
Febbraio segna l’inizio della stagione dei matrimoni in India, secondo pratiche antiche appartenenti soprattutto alla tradizione indù, ma che ha anche ragioni pratiche, sia climatiche, sia economiche. In modo crescente, è però una stagione vista anche con apprensione per fenomeni di coercizione che riguardano in modo diverso entrambi i sessi. L’India è nota per fenomeni sociali che hanno come vittima le donne. Da una impressionante casistica di abusi, primo fra tutti la selezione prenatale a favore dei figli maschi, per arrivare a cibo o cure mediche adeguate negate alle femmine.
Tra le pieghe di una realtà immensa, in cui trovano posto anche esigenze e usi radicati nel territorio, vi sono anche però fenomeni in controtendenza, insieme curiosi e drammatici. Tra questi, il vero e proprio sequestro di giovani uomini costretti a sposarsi con donne che sovente non hanno mai conosciuto, sotto la minaccia di conseguenze pesanti per loro e le loro famiglie.
Sono soprattutto i genitori di donne non abbienti a rapire ragazzi di famiglie economicamente stabili per garantire un futuro alle figlie. Questo vale particolarmente per aree depresse, dove legalità e arbitrio mantengono un precario equilibrio. Come parti dello Stato settentrionale del Bihar, dove la polizia nel 2017 ha registrato 3.404 casi di sequestri di maschi a scopo matrimoniale. Alla base del fenomeno ci sono almeno due tendenze specifiche: la povertà che impedisce alle donne di disporre di una dote adeguata a trovare un buon partito e lo squilibrio tra i sessi, che per il Censimento del 2011, raggiunge su scala nazionale 940 donne ogni 1.000 uomini.
Così, si fa strada il matrimonio forzato, “jabaria shaadi”, sovente preceduto dal ratto a scopo matrimoniale: “pakdau vivah”. Fenomeni che crescono rapidamente, come segnalano ancora i dati ufficiali: nel 2009 si erano registrate solo 1.337 denunce specifiche, mentre nel 2016 sono state di poco superiori alle 3.000. Interessante che, oltre al Bihar, la pratica sia diffusa nelle regioni orientali dell’Uttar Pradesh, Stato noto per ospitare nella città di Agra il Taj Mahal, mausoleo funebre che decanta l’«unione basata sull’amore», ma non è un caso. Lontano dalla magnificenza di Agra e di un monumento che va degradandosi per l’assedio di milioni di curiosi e innamorati, povertà, mancanza di prospettive e tensioni (che rischiano di esplodere in violenza, quando non in rivolta contro malgoverno e corruzione), sono radicate quanto gli aspetti più deteriori della tradizione.
Una “reazione” delle famiglie davanti alle proprie necessità e all’abbondanza di maschi in età matrimoniale è, appunto, il matrimonio forzato. Con il Bihar che nel 2015 ha sommato il 17 per cento dei casi dell’interna India per quanto riguarda, non a caso, uomini tra i 18 e i 30 anni di età, ma con il primato nazionale invece di minorenni forzati al matrimonio.