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 2018  febbraio 22 Giovedì calendario

La puzza al naso

E poi dicono che la campagna elettorale è noiosa. Ma l’avete sentito Renzi? Uno spasso. Dice: “Turatevi il naso e votate Pd”. E si crede pure spiritoso. La sua è una citazione di Indro Montanelli, che nel 1976 disse “Turatevi il naso e votate Dc”. La Dc gli faceva schifo, per corruzioni e mafiosità, ma da vecchio anticomunista invitò i suoi lettori a fare argine contro il “sorpasso” del Pci. E, lui che votava sempre repubblicano o liberale, decise di sostenere alla sua maniera il maggior partito della coalizione di centro. Mai avrebbe immaginato che 42 anni dopo un provincialotto delle sue parti, molto ignorante e anche leggermente fuori di testa, avrebbe usato quella frase per fare propaganda al partito di cui è segretario da oltre quattro anni. E che dovrebbe presentare agli elettori come un campo di gigli, non come una porcilaia che emette olezzi maleodoranti. Le liste del Pd le ha fatte personalmente lui, i candidati li ha scelti tutti lui, i 29 indagati li ha voluti lui, il nipote del patriarca del clan dei corleonesi e il figlio di De Luca e l’uomo delle fritture e delle “clientele come Dio comanda” li ha infilati lui, saltando a piè pari le primarie su cui nacque il Pd. E ora, tomo tomo cacchio cacchio, dice agli eventuali elettori: è vero, puzziamo come una fogna a cielo aperto, ma votateci lo stesso perché gli altri puzzano di più. Quando diverrà obbligatorio il Tso o almeno l’antidoping per i politici, sarà sempre troppo tardi.
Prendete B., talmente rintronato da non distinguere più le lire dagli euro. Dopo due settimane di campagna delle sue tv e dei suoi giornali (in parallelo a quelli del Pd) contro la sporca dozzina dei 5Stelle che non si tagliava lo stipendio, ha detto che sarà felice di accoglierla in Forza Italia subito dopo le elezioni, quando sarà cacciata dal gruppo M5S. Perché, ha specificato a scanso di equivoci, “da noi c’è l’indennità piena”, anzi di solito la si arrotonda pure con mazzette e frodi fiscali. Sembra ieri che il Giornale di Sallusti titolava “Disonestà! Disonestà!” a tutta prima pagina, facendo credere che i furbastri beccati dalle Iene avessero rubato soldi pubblici, mentre rubavano soldi propri. Ora quei “disonesti”, appena usciti dal M5S, diventano onesti, ma solo se aderiscono a FI che è come il Dash: lava più bianco. Sennò restano ladri. È la stessa logica, si fa per dire, praticata da Renzi: per lui i 5Stelle sono tutti ignoranti, incompetenti, incapaci, analfabeti, baluba che credono alle sirene, dubitano dello sbarco sulla Luna, non si vaccinano, tifano morbillo, non sanno governare e ignorano il congiuntivo senza neppure essere ministri della Pubblica Istruzione.
Poi basta che escano dal Movimento (spontaneamente o spintaneamente) e diventano ipso facto dei geni, dei plurilaureati, dei premi Nobel ad honorem, dei governanti capacissimi e competentissimi. Infatti il Pd candida ben 4 ex “grillini”: Mucci, Rostellato, Pinna e Tacconi. E una quinta se l’è accaparrata la lista prodian-socialista-verde-dipietrista “Insieme”, alleata del Pd: Claudia Mannino, imputata per le firme false a Palermo, sospesa da Grillo perché rifiutò di rispondere ai pm, dunque perfetta per Renzi. Turatevi il naso e votate Pd.
A ravvivare la campagna elettorale provvedono pure Carlo Bonini e Maria Elena Vincenzi di Repubblica, trasformando in dogma di fede l’ennesima inchiesta romana sulla fonte del nostro Marco Lillo a proposito di Consip. Inizialmente, i pm sostennero che Lillo aveva saputo dell’inchiesta dal pm Woodcock e da Federica Sciarelli. Lillo disse subito che le sue fonti non erano quelle, ma i giornaloni si bevvero d’un fiato la panzana. Risultato: Woodcock e Sciarelli archiviati con tante scuse. Ora ci riprovano con Scafarto. E intendiamoci, i pm fanno bene a indagare, perché dagli sms di Scafarto e altri carabinieri risulta che l’ufficiale sapeva dell’imminente scoop di Lillo (per forza, Lillo per verificare le sue fonti, chiamava un sacco di inquirenti, e la voce che lavorasse su Consip girava). Ma, visti i precedenti, un po’ di prudenza dei cronisti non guasterebbe.
Invece Bonini e Vincenzi hanno già la sentenza della Cassazione in tasca: Scafarto è un “carabiniere infedele” perché il 21.12.2016 “fu Scafarto a consegnare a Lillo la notizia del coinvolgimento nell’inchiesta dell’allora comandante dell’Arma Del Sette”. Con un “triplice effetto in un colpo solo”: “condizionare la Procura di Roma” (e perché mai una notizia, fra l’altro vera, dovrebbe condizionare una Procura, che fra l’altro la sa già?); “azzoppare irrimediabilmente il vertice dell’Arma” (infatti Del Sette, alla notizia che era indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreti, fu subito riconfermato da Gentiloni); e soprattutto “silurare Renzi” (che però era già stato silurato dal popolo italiano nel referendum del 4 dicembre e si era dimesso da premier due settimane prima dello scoop di Lillo). Non contenti, anziché domandarsi perché la Procura pare più interessata alla fuga di notizie innocua (quella del Fatto) che a quella precedente che rovinò l’indagine, i giallisti di Repubblica concludono perentori che, “sia come sia, è Scafarto la mano che dà da mangiare al Fatto”. Noi sappiamo che non è così, ma anche se fosse? Che deve fare un giornalista, se gli danno una notizia vera? Tenersela nella penna per non far incazzare Repubblica, o magari telefonare a Bonini e Vincenzi per aggiungere due posti a tavola? E chi sarà mai “la mano che dà da mangiare a Repubblica” le accuse a Scafarto? E sono proprio sicuri Bonini e Vincenzi di non avere nessuna fonte nelle Procure, nei Carabinieri, nella Polizia, nella Finanza e nei servizi segreti per “mangiare”, come dicono loro, o più semplicemente per fare il proprio mestiere di dare notizie, come diciamo noi?